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Visualizzazione dei post da maggio, 2009

Treni d'Argentina...

Un assaggio sui risultati delle politiche neoliberiste che hanno colpito l'Argentina qualche anno fa. In questo documentario Fernando (Pino) Solanas racconta con la sua macchina da presa cosa e' successo al sistema ferroviario argentino dopo le privatizzazione di un servizio pubblico fondamentale in un paese dalla grande estensione geografica. La próxima estación, Fernando (Pino) Solanas, 2008

Pelusa...

L'ora dei cartoneros

Cala la notte sulla ciudad porteña. E' l'ora dei cartoneros.

Maternità...

Foto di Letizia Battaglia La foto è stata acquisita via internet. Spero di non ledere i diritti di nessuno. Nel caso, rimuoverò immediatamente l'oggetto.

Vota para Allende...

«Tu non sei un cavallo!»

Ugo Pirro: «Indagine... è nato dall'idea mia e di Petri di scrivere ancora un film con un buon ruolo per Volontè(...) Indagine... nacque in un clima arroventato, in un momento di grande euforia politica, di grandi speranze, che entusiasmò sia Petri sia me. Insomma, il film non è proprio immaginabile in un'epoca diversa, cioè dopo o prima del '68 (...) Erano da poco ultimate le riprese quando ci fu l'attentato di Piazza Fontana. Iniziò una grande repressione verso tutte le formazioni di estrema sinistra e noi tememmo che il film potesse essere bocciato dalla censura, se non addirittura sequestrato dalla polizia. La sera in cui Elio finì il mixage, io mi trovavo a una riunione dell'Anac con altri colleghi tra cui Zavattini, Monicelli, pare ci fosse anche Scola. Andammo insieme a vedere la prima copia e al termine il loro primo commento fu: "Andate in galera". Ma erano entusiasti (...) Fu Rondi, credo, a organizzare una proiezione per alcuni generali di Ps(..

«L'è lü!». E il mostro fu sbattuto in prima pagina...

Sei i protagonisti di una grottesca scena messa su dallo Stato italiano. E' il 16 dicembre del 1969 a Roma, in tribunale. Quattro poliziotti ben vestiti, pettinati e con la barba fatta; un ballerino anarchico, con la barba incolta, stravolto dopo una notte insonne per via di un interrogatorio e un tassista milanese. «L'è lü (E' lui)!», escalama il tassista Cornelio Rolandi. «Ma m'hai guardato bene?», ribatte l'anarchico Pietro Valpreda. «Bè, se non è lui, chi'l gh'è no», si convince il Rolandi. E così il mostro fu sbattuto in prima pagina. Il Rolandi si era presentato dai carabinieri di Milano la mattina del 15 dicembre, mentre si svolgevano i funerali di Piazza Fontana, convinto di aver trasportato sul suo taxi il responsabile della strage alla Banca dell'Agricoltura. La sua macchina era posteggiata a poco più di 100 metri dalla filiale. Un uomo con una valigetta aveva chiesto di portarlo nei pressi della Banca e di aspettarlo lì. Pochi minuti dopo era

Grazie Bruno...

Giornalismo d'assalto e garantismo Oltre quarant'anni di giornalismo a servizio del Potere. Vespa usa il termine colpevole per indicare l'arresto del ballerino anarchico Pietro Valpreda. Il giornalismo è una professione a rischio terminologico. Il termine colpevole si può attribuire solo a un imputato riconosciuto colpevole dopo il terzo grado di giudizio. Ma la pista anarchica faceva comodo. Pinelli era morto da poche ore e l'opinione pubblica doveva spostare la sua attenzione su un nuovo elemento. Valpreda era l'uomo giusto da indicare come il responsabile del vile attentato di Piazza Fontana (17 morti e 88 feriti).

«Ho pianto, ti giuro. Mettilo sul tuo blog». Il grido sommesso di una napòlide

Non dirò il suo nome, perchè lei è timida e riservata. Ama la privacy e non essere al centro dell'attenzione. E' nata a Napoli oltre trent'anni e ha i tratti tipicamente mediterranei. Ha bisogno dell'aria di mare, di venti caldi e secchi e del sole. Qualche anno fa ha lasciato la sua città per andare a Roma. Questioni di cuore. Una scelta di vita importante e sofferta. Lei la sua città non l'avrebbe mai lasciata. L'amava e la ama troppo. Le lunghe passeggiate a Mergellina e a Posillipo, il parco virgiliano, una sfogliatella calda, un caffè come si deve, una pizza nel centro storico erano il suo sale quotidiano. Sono cose a cui non avrebbe mai rinunciato. La musicalità e lo spirito migliore di Napoli non lo ha ritrovato nella capitale e da subito ha vissuto un pò in contrasto (pregiudiziale) con Roma. Sentiva di aver tradito la città che l'aveva vista nascere. Oggi quella storia d'amore è finita e Roma per lei è diventata ancor meno vivibile. «Anche a Rom

Ritratto di famiglia...

Felicia Bartolotta vicino la foto di suo figlio Peppino. Sullo sfondo il suo secondo figlio Giovanni. Foto di Letizia Battaglia La foto è stata acquisita via internet. Spero di non ledere i diritti di nessuno. Nel caso, rimuoverò immediatamente l'oggetto.

9 maggio 1978. Aldo Moro e Giuseppe (Peppino) Impastato. Due tragedie nazionali

Ci sono volti, nomi, luoghi, circostanze, episodi, coincidenze, pensieri che ti entrano dentro e diventano tutt'uno con il tuo respiro fisico e mentale. La storia di Aldo Moro e Peppino Impastato e' per me un caso paradigmatico. Il corpo di Moro fu ritrovato intorno alle ore 13,30 di quel 9 maggio e fu subito tragedia nazionale. Poche ore prima a Cinisi, un paesino ad alta densità mafiosa, veniva ritrovato il corpo del giovane "terrorista suicida" Peppino Impastato. La sua morte sarebbe rimasta per anni solo una tragedia familiare. Voglio ricordare chi erano queste due vittime del Potere, ma non me la sento di metterli dentro uno stesso articolo. L’approccio con cui ho cercato di capire cosa sia successo quel 9 maggio a Roma e Cinisi è troppo diverso e non assimilabile. Il coinvolgimento emotivo è differente. Aldo Moro avrebbe potuto essere uno zio o un nonno simpatico, dalla parlata affabulante, reazionario fino al punto giusto ma comprensivo delle mie istanze di rib

9 maggio 1978. Cinisi, alle porte di Palermo.

Era il 9 maggio del 1978 e a Cinisi, paesino alle porte di Palermo, lungo i binari di una ferrovia veniva ritrovato il corpo irriconoscibile e ridotto in mille pezzi di un giovane attivista politico candidato alle elezioni comunali. Si chiamava Giuseppe, per tutti Peppino e il suo nome era inserito nelle liste di Democrazia Proletaria (DP). Cinisi era la roccaforte del boss Gaetano (Tano) Badalamenti. La famiglia di Peppino non era una famiglia mafiosa tout court, ma suo padre Luigi amava circondarsi di uomini d'onore e quel figlio rivoluzionario e comunista era una vergogna da nascondere. Lo zio di Peppino, Cesare Manzella, era invece un mafioso che tanti anni prima era stato fatto saltare in aria con una carica di tritolo nella sua auto. Le indagini dei carabinieri batterono subito la pista dell'attentatore sfortunato. Peppino era un comunista rivoluzionario, un terrorista che voleva mettere una bomba sui binari, ma gli era andata male. Era saltato in aria come Giangiacomo Fe

9 maggio 1978. Via Caetani, Roma

Era il 9 maggio del 1978 e giornali e televisioni di tutto il mondo avevano i loro obiettivi e le loro telecamere in Via Michelangelo Caetani a Roma, in pieno centro storico. Il bagagliaio di una Renault 4 (macchina simbolo dei giovani dei movimenti) custodiva il corpo crivellato di Aldo Moro, il presidente della Democrazia Cristiana. Per 55 giorni Moro era stato tenuto nella "prigione del popolo" delle Brigate Rosse, processato dai suoi capi e condannato a morte. Era stato rapito il 16 marzo, il giorno in cui Andreotti sarebbe diventato presidente del consiglio con i voti anche del Pci (la prima volta nella storia repubblicana). Moro e Berlinguer (segretario del Pci) erano stati i grandi artefici di quel disegno politico che aveva portato ad un definitivo coinvolgimento del Pci nell'area di governo. Un'azione politica delicatissima nel contesto geo-politico della Guerra Fredda. Le Brigate Rosse avevano portato l'attacco al "cuore dello stato", avevano a

Infanzia...

Foto di Letizia Battaglia. La foto è stata acquisita via internet. Spero di non ledere i diritti di nessuno. Nel caso, rimuoverò immediatamente l'oggetto.

Giuseppe (Pino) Pinelli

«Pino Pinelli, l'ultimo di una lunga serie di anarchici suicidi» Gian Maria Volontè in Tre Ipotesi sulla morte di Pinelli , Elio Petri, 1970

Curretero allora dd' 'o maresciallo quarantasei zizze pe'm vintitre scialle...

Amo tantissimo Fabrizio De Andrè e amo anche Peppe Barra, un grandissimo artista che ho avuto modo di vedere in concerto diverse volte, capace di cogliere l'attenzione del pubblico con la sue doti affabulatorie e di trascinarlo nell'universo della canzone napoletana e delle atmosfere mediterranee. Qui Peppe Barra si misura nella riedizione in chiave partenopea del grande successo di Fabrizio De Andrè Bocca di rosa . Non amo molto gli artisti che si sono misurati con le note di De Andrè. Considero il suo mondo musicale sacro e inviolabile. Barra però è qui in grado di dare una linfa nuova e diversa a questa canzone. Buon ascolto...

Non solo Facebook, Nomafiazone, un altro social network è possibile...

Visitate Nomafiazone, social network realizzato con lo scopo di fondere l’impegno di artisti come cartoonist, fumettisti, fotografi, scrittori, musicisti, performers, registi e creativi e dar vita ad un laboratorio di progettazione e realizzazione di opere accomunate dal tema della legalità e della battaglia al diffondersi del pensiero mafioso. http://nomafiazone.ning.com

Animazione contro la camorra...

Disegno di Raffaele Marra. Guardate anche il suo cortometraggio animato "Le avventure di Giggino & Totore", andato in onda su EcoTv (canale Sky 906). Cliccate su http://www.gigginoetotore.altervista.org

Bacigalupo, Ballarin, Maroso...e in testa Capitan Valentino

Sessant'anni fa la tragedia di Superga. Di ritorno da una partita amichevole disputata a Lisbona (con scalo tecnico a Barcellona) l'aereo che trasportava i giocatori del Grande Torino si schiantava sulla collina di Superga. Si usciva dalla guerra e il Grande Torino faceva sognare i suoi tifosi e tutti gli sportivi. Il trombettier Bolmida, il bar Vittoria di Gabetto ed Ossola e lo stadio Filadelfia erano i protagonisti di quella stagione calcistica indimenticabile. Valentino Mazzola da Cassano d'Adda, il capitano del Toro e padre di Sandrino, aveva promesso all'asso portoghese José Ferreira del Benfica di giocare una partita amichevole per il suo addio al calcio. Il quinto scudetto consecutivo stava ormai per arrivare e il Toro poteva concedersi quell'amichevole di lusso. Su quell'aereo viaggiavano anche i giornalisti Renato Tosatti della Gazzetta del Popolo (padre di Giorgio), Renato Casalbore, il fondatore di Tuttosport e Luigi Cavallero, inviato de La Stampa,

Una piccola soddisfazione

Cari lettori, il post intitolato La morte di Saviano , scritto in occasione della partecipazione dell'autore di Gomorra alla puntata speciale di Che tempo che fa del 25 marzo 2009 e pubblicato su questo blog, è stato inserito nella rassegna stampa dell'importante rivista "Antimafia Duemila" (www.antimafiaduemila.com) e ripresa anche dal sito di informazione www.19luglio1992.com (19 luglio 1992 è la data dell'attentato di Via D'Amelio in cui morirono Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta). Grazie mille a chi dedica qualche minuto alla lettura di questo blog. Ecco i link www.antimafiaduemila.com/content/view/14352/48/ www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1229:rassegna-stampa-30-marzo-2009&catid=23:2009&Itemid=3

Primo maggio 1947

Renato Guttuso, "Portella della Ginestra", 1953, olio su carta intelata, 105x200 (Museo Guttuso di Bagheria - Palermo) Questa estate sono stato assieme alla mia compagna Alessandra a Portelle della Ginestre, questa località nel comune di Piana degli Albanesi, provincia di Palermo, dove il 1 maggio del 1947 undici contadini furono uccisi durante i festeggiamenti della festa del lavoro. Portella della Ginestre si trova a pochi chilometri da paesi che le cronache mafiose hanno reso famosi: San Giuseppe Jato, Bisacquino, Corleone, Monreale, Partinico, Montelepre. La prima Strage di Stato si consumò pochi giorni dopo il grande successo elettorale del Blocco del Popolo (Socialisti e Comunisti) nelle elezioni regionali siciliane del 20 aprile 1947. A questo terribile evento prese parte la Banda di Salvatore Giuliano, ma non furono gli uomini del Re di Montelepre i soli a sparare quel giorno. Giuliano era un ambiguo personaggio. Bandito dall'aria romantica, sorta di Robin Hood in

Perchè non tagliammo la testa al Re?

Un vecchio sociologo che ho conosciuto ai tempi dell'università, quando parlava del nostro paese, della formazione del nostro Stato, della resistenza e dell'incapacità di effettuare delle cesure con il passato diceva sempre:«I francesi hanno tagliato la testa al re. Noi no». I Savoia non hanno fatto l'Italia, ma hanno allargato il Piemonte conquistando il Regno delle Due Sicilie (non sono filoborbonico, non sono monarchico) e con la scusa del brigantaggio hanno represso i contadini. Hanno condotto l'Italia nella prima guerra mondiale, considerata da alcuni storici la quarta guerra d'indipendenza. Hanno consegnato il paese nelle mani di Mussolini rifiutando di firmare lo stato d'assedio il 28 ottobre del 1922 durante la marcia su Roma. L'8 settembre del 1943 sono scappati a Brindisi dopo la firma dell'armistizio. Oggi vincono un reality. Non contenti tornano a fare politica candidandosi alle elezioni europee. Insomma, qualche responsabilità storica ce l&#