Passa ai contenuti principali

Tommaso M.

"Provate pure a credervi assolti, siete lo stesso coinvolti"
Fabrizio De Andre'

E' una notizia che sembra venire dalla periferia di una grande metropoli. Ha il sapore di un film adolescenziale e giovanilista che racconta le migliaia di morti che l'eroina ha fatto negli anni '80 in tutto il mondo e invece viene dalle case e dalla piazza di un piccolo paese.

Tommaso e' morto a 16 anni perche' si drogava, perche' cercava qualcosa di diverso da quello che aveva davanti ai suoi occhi, mentre nella sua testa potevano agitarsi sogni e speranze apparentemente irrealizzabili. Tommaso e' morto a Cervaro, paese di 7000 abitanti a meta' strada fra Roma e Napoli, nel cuore di un territorio che la criminalita' organizzata sta avvelenando con la sua logica di affari e morte. Sembra che la metropoli sia alienante e che invece l'aria pulita e serena di un piccolo paese faccia crescere spensierati e sorridenti i ragazzi. Ma oggi forse non e' piu' cosi'. Anche la vita di provincia e di paese come in questo caso possono portare ad una morte precoce e
moralmente assurda. La tecnologia puo' offrirti il mondo, una piazza vuota e senza vita dolore, rassegnazione, disperazione. Quando muore un ragazzo di 16 anni per droga, le lacrime sono della famiglia, di chi lo ha conosciuto e gli ha voluto bene, la partecipazione al dolore e' di tutti, la retorica dei benpensanti, i pensieri cattivi delle malelingue, le responsabilita' di tutti.

Commenti

  1. CARO ANDREA PURTROPPO NOI RAGAZZI DI CERVARO VIVIAMO TUTTI I GIORNI QUESTE SITUAZIONI,CERTO NON HO VISTO RAGAZZI CON LO SBALLO DA COCA O EROINA,NE NE' HO VISTI MENTRE NE FACEVANO USO,SE NE AVEVO VISTI L'AVREI DENUNCIATO,MA CHE IN QUESTA ZONA C'ERA QUESTO GIRO SI SAPEVA E SI SA TUTT'ORA.PURTROPPO LA LEGGE OGGI COME OGGI E' DURA E SENZA PROVE NON PUOI FARE NEANCHE MEZZO PASSO,NOI CON LA PASOLINI CERCHIAMO DI RISOLVERE I PROBLEMI DEL PAESE ANCHE SE OSTACOLATI DA ALTRE PERSONE CHE SECONDO ME NON SANNO COSA FACCIAMO NOI IN RIUNIONE,SE LO SAPESSERO NON SAREMO A QUESTA SITUAZIONE,ABBIAMO ORGANIZZATO CONVEGNI CONTRO LA MAFIA E CONTRO ALTRE SOCIETA' A DELINQUERE,E' STATO FATTO DAL GRUPPO SCOUT DOVE IO FACCIO PARTE UN CONVEGNO SULLA VITA E SULLA SUA IMPORTANZA CON TESTIMONIANZE COME QUELLE DEI RAGAZZI DELLA FONDAZIONE EXODUS DI CASSINO.MA CHI E' STATO PRESENTE A QUEL CONVEGNO NON LE DIMENTICHERA' LE PAROLE DEL RAGAZZO CHE DISSE "HO COMINCIATO DALLA CANNA E POI SONO ARRIVATO ALLA DROGA PESANTE"DOVE TUTT'ORA IL RAGAZZO TI RISPONDERA' "IO,SO QUELLO CHE FACCIO.DALLA CANNA NON ARRIVERO' A QUELLO!",E POI VENGONO TROVATI SOTTO UN ALBERO LA MATTINA DOPO,DOVE SONO SVENUTI O DOVE HANNO PERSO LA VITA.CONCLUDO IL DISCORSO CON UNA FRASE DI LORENZO CHERUBINI DOVE IO MI RISPECCHIO SOPRATTUTTO PER LOTTARE CONTRO IL NOSTRO FRATELLO TOMMASO:"TUTTA LA DROGA DEL MONDO NON VALE UN GRAMMO DELLA MIA ADRENALINA"
    CIAO ANDREA E QUANDO TI TROVI A CERVARO FAMMI SAPERE CHE CI FACCIAMO UNA BELLA CHIACCHIERATA...A VOLTE LE PAROLE VALGONO PIU' DI MILLE PENSIERI...!

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Napoli, Baires: Maradonologia. Una bella chiacchierata con Pablo Alabarces

«Fútbol y Patria». «Peronistas, Populistas y Plebeyos». «Historia mínima del fútbol en América Latina». Questi sono solo tre titoli di una ricca produzione saggistica fatta di cronache politico-culturali e indagini sociologiche e letterarie. Chi vuole sapere di calcio e cultura popolare sudamericana deve passare per gli scritti di Pablo Alabarces e capirà qualcosa di cantanti mitologici come Palito Ortega, rock, tifoserie, sistema mediatico, violenza da stadio. Sociologo, argentino classe 1961, Alabarces è titolare di cattedra presso la UBA, l’Università di Buenos Aires. Lo incontriamo a Roma, zona Stazione Termini. Pablo è da poco rientrato nella capitale al termine di un bel soggiorno in una Napoli ebbra di festa per lo scudetto e dopo aver visitato Viggianello, borgo della Basilicata ai piedi del Pollino. «È la quinta volta che sono in Italia. Non ero mai stato nel paese dove nel 1882 nacque Antonio Carmelo Oliveto, mio nonno materno», ci racconta mentre ci incamminiamo verso Piazza

Remo Rapino, un undici fantastico e fantasioso

La storia del calcio è fatta anche di formazioni recitate tutte d’un fiato. Dal glorioso e drammatico incipit Bacigalupo-Ballarin-Maroso del Grande Torino al Zoff-Gentile-Cabrini – buono per la Juve di stampo trapattoniano e per l’Italia di Spagna ’82 – passando per il Sarti-Burgnich-Facchetti della Grande Inter del mago Herrera. Se, citando Eduardo Galeano oltre ad essere mendicanti di buon calcio, lo fossimo anche di letteratura ci sarebbe un nuovo undici da imparare a memoria. Un undici fantastico e fantasioso agli ordini dell’allenatore-partigiano Oliviero che fa così: Milo, Glauco, Osso Nilton, Treccani, Giuseppe, Wagner, Berto Dylan, Efrem Giresse, Pablo, Baffino, Nadir. Una squadra-romanzo piena del sapore della vita, che si confessa in prima persona. A immaginarla in Fubbàll (Minimum Fax, pp. 148, 16 euro) è stato Remo Rapino (1951), insegnante di storia e filosofia di stanza nell’abruzzese Lanciano e già premio Campiello 2020 con Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio . 

Farsi una foto con Dios. L'intervista al fotografo Carlo Rainone

Sette anni fa Carlo Rainone (Palma Campania, 1989), fotografo-documentarista con un curriculum fatto di studi e collaborazioni internazionali, decide di scavare nel ventre della Napoli degli anni ’80, quelli, non solo, del dopo-terremoto, delle guerre di camorra e del contrabbando. Un immaginario che il cinema di questi anni sta riportando in superficie, dal Sorrentino di È stata la mano di Dio al Mixed by Erri di Sidney Sibilia senza dimenticare il Piano piano di Nicola Prosatore. L’obiettivo dell’indagine è assoluto, laborioso e faticoso ma il confronto costante con il fotografo Michel Campeau è di grande supporto. Bisogna infatti scovare la «foto con Maradona», il re della Napoli calcistica per sette tortuosi anni, il patrono pagano della moderna Partenope. Rainone inizia ad inseguire fotografie già scattate. Icone conservate in album di famiglia o piegate in portafogli, appese sui muri di negozi e laboratori, case, pizzerie e ristoranti. La consapevolezza sta tutta nelle parole