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Visualizzazione dei post da aprile, 2016

Ricordando il naufragio nel Canale di Sicilia

Un anno dopo il naufragio nel Canale di Sicilia del 18 aprile 2015, pubblico alcune riflessioni scritte allora dopo averne parlato con i miei studenti. Ho portato in classe il giornale. Abbiamo guardato la prima pagina, il titolo, i sommari, la foto di grandi dimensioni al centro del foglio. Molti erano informati. Ad altri era sfuggito. Qualcuno ieri ha pianto, altri no. C'è chi si sente un sopravvissuto, chi "un po' sì un po' no", chi attende notizie da amici che erano in partenza in quelle ore. "Ma per loro il Paradiso è sicuro?", ho chiesto. "Solo Allah può decidere", "Penso di sì", "Perché no, cosa hanno fatto male ne la vita?". Abbiamo elencato le stragi dal 1996 fino a quella di ieri. Abbiamo contato i morti degli ultimi mesi, fatto la media per mese, per giorno. Rispetto al 2014 abbiamo quasi 3/4 morti in più al giorno. Numeri per loro scioccanti. "Ho visto Papa Francesco in Tv ma no capito lui cosa detto?

È nata la "Casa Museo - Joe Petrosino"

L'undici aprile 2016, a Padula (Salerno) è stata inaugurata la "Casa Museo - Joe Petrosino". La casa conterrà una "Galleria virtuale su mafie e antimafia", un percorso multimediale realizzato attraverso materiali audiovisivi e fotografici originali montati con tecnologie digitali di ultima generazione (la direzione scientifica è stata curata dalla cattedra di Public & Digital History dell’Università di Salerno). Un museo non mummificato, ma interattivo e destinato ad arricchirsi giorno per giorno. Le ricerche del materiale presso le Teche Rai, il Centro Sperimentale di Cinematografia, la Biblioteca Nazionale sono state curate da Andrea Meccia . Segue la nota del direttore scientifico Marcello Ravveduto. L’inaugurazione della rinnovata Casa/Museo “Joe Petrosino”, sarà l’occasione per presentare in anteprima nazionale la “Galleria virtuale su mafie e antimafia” – parte integrante della Casa/Museo, nata grazie ad un accordo tra il comune di Padula e

Cosa ho visto negli occhi di uno straniero?

Il brano che segue è stato elaborato nell'ambito del corso di formazione Radici e spaesamento -  Appunti per una scuola con i migranti (aprile 2016) organizzato dall'Associazione Asinitas  all'isola di Stromboli.  I corsisti al lavoro per un'attività sullo "sguardo" Y. J. è arrivato in Italia dall'Africa, in compagnia dei suoi occhi a mandorla. Ha i capelli con una cresta. I suoi compagni lo chiamano Pogba. E questo non gli piace. «Io sono Y. J. e sono senegalese. Niente più». Qualche giorno fa, è venuto a scuola custodendo un foglio piegato fra le mani. I suoi occhi sempre dolci avevano un odore differente. Profumavano di soddisfazione, di orgoglio e di un pizzico di imbarazzo. Y. aveva compiuto un passo decisivo per il suo percorso di vita. Aveva gettato se stesso oltre il presente, rielaborando il suo passato. Lui, un tempo analfabeta, aveva affidato i suoi pensieri, i suoi traumi ad una pagina bianca, trasformandola in poesia. Nella sua stanza

La leggerezza di Mauro

Ieri, nel seminario "Antimafie. L'immagine criminale fra Tv e cinema" (Università di Cassino), è stato proiettato "La Rivoluzione in onda" di Alberto Castiglione. Un documentario che ricorda - soprattutto, ma non solo - l'attività giornalistica di Mauro Rostagno in Sicilia. Ma al di là dei contenuti, ciò che rimane del film è il senso di leggerezza di Rostagno che il regista ha meravigliosamente ricostruito andando a mettere le mani nella sua produzione televisiva. Quella leggerezza che Italo Calvino ci ha soavemente descritto nelle sue "Lezioni Americane". E penso (mi piace immaginare) che ciò che la mafia non ha mai perdonato a Rostagno e a Peppino Impastato, sia stato proprio sfidarla con la levità di chi "sa planare sulle cose dall'alto", senza avere "macigni sul cuore".

Il problema del servizio pubblico

  È giusto chiedere le dimissioni di Bruno Vespa. È giusto indignarsi per la presenza di Riina junior nel salotto di Porta a Porta. È altrettanto giusto chiedere una informazione diversa. Ma è molto più importante immaginare nuove forme di racconto, narrazioni che al di là dei contenuti sappiano anche mettere in scena se stesse, coniugando le une e trine esigenze del servizio pubblico: informare, educare, intrattenere. E ci sono spazi del servizio pubblico che queste cose le sa fare (vedi Rai Storia). Perché la guerra dei contenuti a volte è una battaglia senza senso. Basterà invitare in quello stesso spazio il figlio di una vittima di mafia, un magistrato sotto scorta, un poliziotto coraggioso, il presidente di una associazione antimafia per lavarsi la coscienza e dire che sulla Tv pubblica c'è spazio per tutti. E invece no, il problema più grande della messa in scena del giornalismo televisivo, è che siano spariti gli elementi scenografici e di costruzione dello spazio che

Ragionando sulle lacrime del Pipita

  Con il Pipita non sono mai stato tenero. Non ho mai amato la sua argentinità, ontologicamente differente da quella fatta di rabbia e sudore callejera . L’ho considerato un atleta ostaggio di velenosi vizi aristocratici e imperdonabili irascibilità piccolo-borghesi. Ma le sue lacrime di domenica hanno toccato le corde della malinconia. La sua reazione esecrabile e giustamente punita, unita all’espulsione di Sarri, putroppo è diventata fin da subito la pietra angolare attorno a cui sviluppare la narrazione della perdita dello scudetto del Napoli. A favore di una squadra, la Juventus, che respira e mostra con orgoglio tutta la cattiveria che solo la razza padrona conosce, una organizzazione societaria capace di modificare i destini di giocatori altrove destinati a carriere mediocri, trasformandoli in parvenu delle alte sfere del triste calcio di casa nostra. Nei giorni in cui il settentrionalizzato allenatore della nazionale dall’animo juventino è diviso fra la firma con una squadr