«Non eravamo più niente. Sin da quando dovemmo ammazzarlo tutti e tre signor giudice, benché solo uno di loro fosse il bersaglio dell’odio che ci trasmisero nello stesso istante in cui ci comandarono la strage». «Mi chiamo Gaspare, ho trentadue anni ma tutti mi chiamano Gasparo perché a Palermo i nomi devono finire con la o. Gaspare pare il nome di una pulla. Quindi io sono Gasparo». Due discorsi diretti e tesi. Due voci di killer di mafia che non indugiano. Queste le prime parole che accompagnano la lettura di Malacarne dello scrittore e giornalista Giosuè Calaciura (suo esordio pubblicato nel 1997 con Baldini&Castoldi, risorto questa primavera con Sellerio, pp. 216) e Centoventisei firmato dallo sceneggiatore Ezio Abbate (per lui debutto letterario) e dal multiforme Claudio Fava, oggi presidente della Commissione antimafia siciliana (Mondadori, pp. 132). Due mafia-novel sugli scaffali delle librerie italiane in questa estate che non sa fare i conti con il trentennale delle...