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Visualizzazione dei post da agosto, 2022

L'anno dell'odio e dei depistaggi, in odore di mafia

«Non eravamo più niente. Sin da quando dovemmo ammazzarlo tutti e tre signor giudice, benché solo uno di loro fosse il bersaglio dell’odio che ci trasmisero nello stesso istante in cui ci comandarono la strage». «Mi chiamo Gaspare, ho trentadue anni ma tutti mi chiamano Gasparo perché a Palermo i nomi devono finire con la o. Gaspare pare il nome di una pulla. Quindi io sono Gasparo». Due discorsi diretti e tesi. Due voci di killer di mafia che non indugiano. Queste le prime parole che accompagnano la lettura di Malacarne dello scrittore e giornalista Giosuè Calaciura (suo esordio pubblicato nel 1997 con Baldini&Castoldi, risorto questa primavera con Sellerio, pp. 216) e Centoventisei firmato dallo sceneggiatore Ezio Abbate (per lui debutto letterario) e dal multiforme Claudio Fava, oggi presidente della Commissione antimafia siciliana (Mondadori, pp. 132).  Due mafia-novel sugli scaffali delle librerie italiane in questa estate che non sa fare i conti con il trentennale delle str

Paolo Taviani: “Quella volta che la mafia proibì le bandiere rosse”

“Scoprimmo la storia di Salvatore Carnevale nel 1958, quando con mio fratello Vittorio girammo un documentario scritto da Ignazio Buttitta. Si intitolava Sicilia all'addritta ”. Così Paolo Taviani - 90 anni compiuti lo scorso novembre e in concorso all'ultima Berlinale con Leonora addio , primo film girato dopo la morte di suo fratello Vittorio e vincitore del premio Fipresci della critica internazionale - inizia il racconto di “Un uomo da bruciare”, il primo lungometraggio della coppia, scritto e diretto insieme a Valentino Orsini e uscito nelle sale italiane nel giugno del 1962. Sessant'anni fa. “Fu un viaggio che rivelò ai nostri occhi luoghi e storie che non conoscevamo. Tra gli incontri che facemmo ci fu quello con Francesca Serio, la madre di questo sindacalista ucciso nel 1955 dalla mafia. Una donna forte, capace di denunciare gli assassini di suo figlio a cui Carlo Levi aveva dedicato pagine memorabili”. Cosa ricorda di questa donna al cui caso si interessò, nelle v

La storia di Pio La Torre ci ricorda che il vero impegno politico per la pace è una responsabilità

Palermo, 2 maggio 1982. La fotografa Letizia Battaglia sta seguendo un corteo funebre lungo le strade della città. Una folla sterminata si dirige verso Piazza Politeama. Movimento pacifista e movimento antimafia si fondono in un unico corpo in dolorosa marcia. A un tratto l’obiettivo scorge la sagoma di un’anziana donna che piange e prega. Quel corpo, mani conserte e ginocchia piegate, davanti al mirino assume la forma di una scultura che racchiude, anima e corpo, i sentimenti del dolore e dello sgomento della Palermo popolare. Quel giorno, in città, ci sono il presidente della Repubblica Sandro Pertini, la presidente della Camera Nilde Iotti, il segretario del Pci Enrico Berlinguer, il futuro Capo dello Stato Sergio Mattarella. Sono ancora una volta momenti di dolore per il capoluogo siciliano che, in quelle ore, celebra i funerali del segretario del Pci siciliano e di un suo stretto collaboratore , ennesime vittime innocenti di una guerra che Cosa Nostra sta portando avanti contro la