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Visualizzazione dei post da giugno, 2016

Caro Leo, que no te vayas!

Caro Leo, da oggi, noi che amiamo Diego dall'eternità, rivolgeremo il nostro sguardo a te con un pizzico di affetto in più. Continueremo a guardarti come uno dei più grandi di un secolo, il ventunesimo, che facciamo fatica a interpretare. Lo faremo con la tranquillità di chi ha la coscienza a posto, di chi (neanche fosse una lotta di liberazione e di resistenza) ha saputo sempre da che parte stare, di chi non ha avuto tentennamenti di fronte ai tuoi numeri da spavento, alla tua bacheca zeppa di trofei. E ti vorremo più bene di quanto non te ne abbiamo voluto fino ad oggi.  E sai perché? Perché il nostro D10S non potrà più essere nominato invano.  Sarai una appendice della sua biografia.  Sarai quello che ha provato a superarlo, ma che non lo ha neanche raggiunto.  Noi lo sapevamo che era così, che non avevi la forza per caricarti sulle tue spalle qualcosa che andasse al di là del rettangolo di gioco e ti abbiamo sempre osservato con un pizzico di sufficienz

Media e fenomeni mafiosi: le ragioni di un ritardo culturale

L'intervista a cura di Pasquale Notargiacomo (giornalista) e Giovanni Zaccaro (giudice del Tribunale di Bari) è stata pubblicata sulla rivista Questione Giustizia . Il saggio “Mediamafia. Cosa Nostra fra cinema e Tv” ricostruisce la storia della rappresentazione mediatica di Cosa Nostra. L’intervista all’autore e la sua lettura del recente dibattito che si è sviluppato attorno alla serie “Gomorra” ROMA - Ci sono libri capaci di inserirsi nel dibattito pubblico anche a distanza di tempo dalla loro pubblicazione. Ne è un esempio il saggio di Andrea Meccia “Mediamafia. Cosa Nostra fra cinema e Tv” (Di Girolamo, 2014). E davvero la cifra originale di quest’opera e la sua attualità si percepiscono intatte nel momento in cui l’opinione pubblica si sta finalmente interrogando, in maniera più consapevole e strutturata, sul tema della rappresentazione mediatica dei fenomeni mafiosi. Prova ne è il dibattito, alimentato in queste settimane da autorevoli interventi, sulla serie tv

A lezione da Mohammad Alì

"La mia abilità di pugile, innamorato della fantasia, che condiziona l’avversario più con gli atteggiamenti irridenti che con la volontà di fargli male, non sarebbe servito a niente se io non avessi capito che dovevo utilizzare i media, invece di farmi usare. E se veramente avessi voluto far emergere il mio disagio, la protesta, il dolore, l’orgoglio degli afroamericani, dovevo utilizzare quei microfoni che mi buttavate davanti alla bocca dopo le vittorie.  Dovevo sputare le mie sentenze, le mie sfide esasperate sui vostri taccuini cercando di precedere le vostre domande, imponendo i miei argomenti ai vostri" - Mohammad Alì