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I bambini ci guardano e qualcuno li colpisce


Che la terra ti sia lieve, Melissa…

Il piccolo Luciano De Ambrosis in I bambini ci guardano
I bambini ci guardano e oggi qualcuno ha deciso di colpirli. Quando c’è una guerra o un momento di crisi economica, una società vive sull’orlo del dolore e della disperazione, è quello il momento in cui la vita dei bambini, dei ragazzi diventa il termometro di ciò che stiamo attraversando. Sono i nostri sismografi. E il loro sguardo spaventa, inquieta. “I bambini ci guardano”, dicevamo. Così si intitolava un bellissimo film di Vittorio De Sica. Fu prodotto nel 1943. In Italia c’erano ancora il fascismo e i bombardamenti, ma non venne fatto nessun accenno alla guerra. La triste storia del piccolo Pricò ci aiuta ancora oggi a capire come i sogni borghesi e perbenisti dell’Italia fascista stessero per crollare. Da affrontare ci sarebbe stata la dura realtà degli ultimi anni di guerra e del primo drammatico periodo repubblicano. Passiamo ai capolavori del neorealismo. I protagonisti dei momenti e delle storie più emozionanti, tragiche e poetiche dei racconti dell’Italia di allora sono stati i bambini. Il piccolo Marcello di Roma città aperta (R. Rossellini, 1945) assiste al terribile omicidio di sua madre Pina da parte dei soldati nazisti. Pasquale lo scugnizzo farà scoprire al soldato americano Joe, dopo avergli rubato le scarpe, la terribile condizione di vita della sua famiglia nell’episodio napoletano di Paisà (R. Rossellini, 1946). Pasquale e Giuseppe sono due dei lustrascarpe che finiscono in carcere in Sciuscià (V. De Sica, 1946). Il dodicenne Edmund è il drammatico protagonista di Germania Anno Zero (R. Rossellini, 1948). Bruno Ricci è il bambino che accompagna il padre Antonio alla ricerca della preziosa bicicletta in Ladri di biciclette (V. De Sica, 1948). Totò è il piccolo trovato sotto un cavolo nel favolistico Miracolo a Milano (V. De Sica, 1950). Facciamo un salto temporale. Andiamo agli anni Ottanta, all’Italia che tentava di mettersi alle spalle gli anni terribili del terrorismo. Prendiamo Colpire al cuore (1983) di Gianni Amelio. Il quindicenne Emilio indaga, armato di macchina fotografica, nella vita privata di suo padre, un professore universitario legato agli ambienti della lotta armata. Nel 1992, al Festival di Cannes, pochi giorni prima dell’attentato di Capaci, il Gran Prix della Giuria viene vinto da Il ladro di bambini (G. Amelio, 1992). Un road-movie nella degradata Italia di fine Prima Repubblica vista attraverso i malinconici occhi di Rosetta, una bambina undicenne costretta a prostituirsi, e Luciano, un bambino asmatico di nove anni. I bambini, gli adolescenti, i ragazzi (ma i giovani no, non usiamo questa parola cara al marketing e abusata dalla politica) hanno uno sguardo talmente severo nei confronti degli adulti che oggi qualcuno ha deciso di colpirli. Loro guardano e qualcuno li terrorizza addirittura a scuola, nel luogo in cui imparano a diventare cittadini. Li colpiscono perché non facciano troppe domande sul mondo che troveranno. Loro guardano e qualcuno si nasconde. Loro scrutano e nessuno sa dare loro risposte. Loro hanno coraggio. Gli ingenui e gli ipocriti no. I violenti hanno solo odio intriso di vigliacchieria.

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