Sei i protagonisti di una grottesca scena messa su dallo Stato italiano. E' il 16 dicembre del 1969 a Roma, in tribunale.
Quattro poliziotti ben vestiti, pettinati e con la barba fatta; un ballerino anarchico, con la barba incolta, stravolto dopo una notte insonne per via di un interrogatorio e un tassista milanese.
«L'è lü (E' lui)!», escalama il tassista Cornelio Rolandi.
«Ma m'hai guardato bene?», ribatte l'anarchico Pietro Valpreda.
«Bè, se non è lui, chi'l gh'è no», si convince il Rolandi.
E così il mostro fu sbattuto in prima pagina.
Il Rolandi si era presentato dai carabinieri di Milano la mattina del 15 dicembre, mentre si svolgevano i funerali di Piazza Fontana, convinto di aver trasportato sul suo taxi il responsabile della strage alla Banca dell'Agricoltura. La sua macchina era posteggiata a poco più di 100 metri dalla filiale. Un uomo con una valigetta aveva chiesto di portarlo nei pressi della Banca e di aspettarlo lì. Pochi minuti dopo era tornato ma senza valigetta. Da lì a poco, la strategia della tensione aveva apriva le sue macabre danze.
I carabinieri preparano l'identikit e il questore Guida (il direttore del carcere fascista di Ventotene) gli mostra una foto di Valpreda, del gruppo XXII Marzo (deontologicamente una azione non certo corretta).
Il giorno dopo Rolandi verrà portato a Roma per il riconoscimento di Valpreda.
Nella notte, intanto, Giuseppe Pinelli durante l'interrogatorio nella stanza del Commissario Calabresi, vicecapo della polizia politica, era precipitato dal quarto piano della questura di Via Fatebenefratelli a Milano.
Se un anarchico era morto perchè fortemente indiziato e quindi autoaccusatosi con il suo suicidio, un altro anarchico dietro le sbarre poteva tranquillizzare la maggioranza silenziosa che chiedeva uno spostamento su posizioni reazionarie dell'asse politico del Paese.
Sergio Zavoli intervista Pietro Valpreda. La notte della Repubblica
Quattro poliziotti ben vestiti, pettinati e con la barba fatta; un ballerino anarchico, con la barba incolta, stravolto dopo una notte insonne per via di un interrogatorio e un tassista milanese.
«L'è lü (E' lui)!», escalama il tassista Cornelio Rolandi.
«Ma m'hai guardato bene?», ribatte l'anarchico Pietro Valpreda.
«Bè, se non è lui, chi'l gh'è no», si convince il Rolandi.
E così il mostro fu sbattuto in prima pagina.
Il Rolandi si era presentato dai carabinieri di Milano la mattina del 15 dicembre, mentre si svolgevano i funerali di Piazza Fontana, convinto di aver trasportato sul suo taxi il responsabile della strage alla Banca dell'Agricoltura. La sua macchina era posteggiata a poco più di 100 metri dalla filiale. Un uomo con una valigetta aveva chiesto di portarlo nei pressi della Banca e di aspettarlo lì. Pochi minuti dopo era tornato ma senza valigetta. Da lì a poco, la strategia della tensione aveva apriva le sue macabre danze.
I carabinieri preparano l'identikit e il questore Guida (il direttore del carcere fascista di Ventotene) gli mostra una foto di Valpreda, del gruppo XXII Marzo (deontologicamente una azione non certo corretta).
Il giorno dopo Rolandi verrà portato a Roma per il riconoscimento di Valpreda.
Nella notte, intanto, Giuseppe Pinelli durante l'interrogatorio nella stanza del Commissario Calabresi, vicecapo della polizia politica, era precipitato dal quarto piano della questura di Via Fatebenefratelli a Milano.
Se un anarchico era morto perchè fortemente indiziato e quindi autoaccusatosi con il suo suicidio, un altro anarchico dietro le sbarre poteva tranquillizzare la maggioranza silenziosa che chiedeva uno spostamento su posizioni reazionarie dell'asse politico del Paese.
Sergio Zavoli intervista Pietro Valpreda. La notte della Repubblica
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