Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da maggio, 2016

A #diecianni da Gomorra

Sul nuovo numero di Passato e presente , rivista di storia contemporanea edita da Franco Angeli, il focus " Le mafie rappresentate: a dieci anni da Gomorra ". Lo ha curato la professoressa Carolina Castellano (Università Federico II di Napoli). Contiene il mio saggio: " Libro, film, serie Tv. Da 'Romanzo Criminale' a 'Anime Nere'. La trasformazione delle crime stories italiane ". Gli altri autori sono Vittorio Martone e Giulio Bogani.  ‪#‎ gomorra‬ ‪#‎ diecianni‬ ‪#‎ romanzocriminale‬ ‪#‎ animenere‬ ‪#‎ suburra‬ ‪#‎ mafiamovie‬ ‪#‎ mediaeducation‬

I “mafia movie” invadono il grande e il piccolo schermo

Ho dialogato con Davide Turrini de Il Fatto Quotidiano sull'invasione dei cosiddetti "mafia movies" tra piccolo e grande schermo (19 maggio 2016). I “mafia movie” invadono il grande e il piccolo schermo: ma sono tutti da salvare? “Il rischio è “l'effetto soap”. L’esplosione dell’attenzione per i libri di Romanzo Criminale di De Cataldo e Gomorra di Saviano ha poi aperto l’ultimo capitolo della rappresentazione delle mafie al cinema e infine in tv. Ecco arrivare nel breve volgere degli ultimi dieci anni i rispettivi film di Placido e Garrone, poi le serie tv che spopolano, almeno in Italia, ben di più de I Soprano. Solo che passati i decenni e decine di prototipi che si sono fatti matrici, il rischio odierno sembra più essere l’anestetizzazione da ripetizione. di Davide Turrini “I’m gonna make him an offer he can’t refuse”. Quando dici mafia al cinema pensi a Don Vito Corleone. Non c’è politicamente corretto che tenga. La maschera cupa, sinistra e

Da Gomorra a Felicia, le mafie Tv nel bene e nel male

Famiglia Cristiana , a cui mio nonno era abbonato, mi ha chiesto delle dichiarazioni sul film-tv Felicia Impastato e Gomorra. Sono in ottima compagnia: il professore Nicaso e il procuratore Roberti. Non nascondo un pizzico di imbarazzo. L'articolo, firmato da Elisa Chiari, è del 13 maggio 2016. --- La seconda serie di Gomorra riaccende il dibattito sulla rappresentazione del male e sul rischio emulazione. Da Saviano a Roberti, da Meccia a Nicaso. Come la vedono quelli che ne capiscono. Il tema c’è. C’è da un tempo lungo, almeno da quando Paolo Borsellino diceva: «Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene».  Anzi da prima: da quando Peppino Impastato ne parlava alla radio in un tempo in cui anche la parola mafia era tabù. (Né si può dire che il tabù sia passato, al Nord ancora si cerca di negare. il 112 maggio sono state confermate in Cassazione venti condanne del processo Minotauro contro la ‘Ndrangheta i

A proposito del film-Tv "Felicia Impastato"

Ieri sera il film-Tv "Felicia Impastato" (Rai Uno). Un prodotto che inquadra un momento importante della storia di Peppino: la battaglia per la verità sulla sua morte. Il regista Gianfranco Albano lo ha fatto attraverso il coraggio di sua madre (interpretata da Lunetta Savino), di suo fratello e dei suoi compagni di lotta. L'inizio è interessante. La voce radiofonica di Peppino come colonna sonora per riprendere un tema caro legato alla rappresentazione cinematografica della mafia: i paesini siciliani come villaggi western in cui domina la paura. Nel suo complesso artistico però, non l'ho trovata un'opera degna di nota, ovvero capace di restituirci la complessità di quanto accaduto a partire dal 10 maggio del 1978. Passaggi troppo rapidi, poco problematizzati. Il film accenna mille temi, situazioni, personaggi, passioni, battaglie, ma non ce li spiega mai fino in fondo. Forse, sarebbe troppo chiedere alla Rai di restituirci il pensiero che ha animato i compagni d

Paulo Freire e il renzismo

Leggendo "La pedagogia degli oppressi" di Paulo Freire, testo del 1967, ho trovato, a mio giudizio, una adeguata descrizione del renzismo e della qualità del dibattito democratico in Italia. «In funzione delle condizioni storiche, in funzione del livello di percezione della realtà che gli oppressi possono possedere, può e deve variare il contenuto del dialogo. Sostituirlo con l'antidialogo, con gli slogan, col verticalismo, con i comunicati è pretendere di liberare gli oppressi con degli strumenti che li "addomesticano". Pretendere la loro liberazione senza il contributo della loro riflessione significa trasformarli in oggetti che, per così dire, vadano salvati da un incendio. Significa farli cadere nelle acque morte del populismo e trasformarli in massa da manovra».