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Bacigalupo, Ballarin, Maroso...e in testa Capitan Valentino

Sessant'anni fa la tragedia di Superga. Di ritorno da una partita amichevole disputata a Lisbona (con scalo tecnico a Barcellona) l'aereo che trasportava i giocatori del Grande Torino si schiantava sulla collina di Superga. Si usciva dalla guerra e il Grande Torino faceva sognare i suoi tifosi e tutti gli sportivi. Il trombettier Bolmida, il bar Vittoria di Gabetto ed Ossola e lo stadio Filadelfia erano i protagonisti di quella stagione calcistica indimenticabile. Valentino Mazzola da Cassano d'Adda, il capitano del Toro e padre di Sandrino, aveva promesso all'asso portoghese José Ferreira del Benfica di giocare una partita amichevole per il suo addio al calcio. Il quinto scudetto consecutivo stava ormai per arrivare e il Toro poteva concedersi quell'amichevole di lusso. Su quell'aereo viaggiavano anche i giornalisti Renato Tosatti della Gazzetta del Popolo (padre di Giorgio), Renato Casalbore, il fondatore di Tuttosport e Luigi Cavallero, inviato de La Stampa, il massaggiatore Cortina, i dirigenti accompagnatori Agnisetta, Cavalleri e Bonaiuti, l'allenatore Leslie Lievesley e il direttore tecnico Ernesto Egri Erbstein, l'inventore del "sistema". Il presidente Ferruccio Novo non prese parte alla trasferta, come Nicolò Carosio, il padre della radiocronaca sportiva, per via della cresima di suo figlio. Morivano gli splendidi protagonisti di una delle più forti squadre di tutti i tempi, capace di segnare 125 gol in una sola stagione, di schierare dieci titolari nella nazionale italiana e di vincere 5 scudetti consecutivi. L'ultimo derby giocato dal Grande Torino vide i granata battere la Juventus per 3 reti a 1 con rete di Gabetto e doppietta del fiumano Ezio Loik, risultato che non si è più ripetuto nella storia della stracittadina. Gli amanti del calcio recitano la formazione del Grande Torino come una preghiera: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar (Martelli), Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Dopo la tragedia, la squadra argentina del River Plate, nelle cui fila giocava Alfredo Di Stefano, organizzò diverse amichevoli per raccogliere fondi da destinare al Grande Torino e Evita Peron inviò addirittura una coppa al Presidente Ferruccio Novo.
Strano il fato legato alla storia del Torino. Il pilota dell'aereo I Elce Fiat G-212 che si schiantò sulla collina di Superga si chiamava Pier Luigi Meroni. Un nome e un cognome che si sono riaffacciati tragicamente nella storia del Toro e del cuore granata. Era l'anno 1967 e Luigi Meroni da Como con il suo numero 7 calcava i campi da gioco e con i suoi dribbling saltava gli avversari con la leggerezza di una farfalla (lo chiamavano "la farfalla granata"). Aveva i capelli lunghi e la barba, viveva in una mansarda lungo il Po dove dipingeva e disegnava i suoi vestiti. Sembrava uno dei Beatles e invece giocava solo a pallone. Una volta lo videro passeggiare con una gallina al guinzaglio. Il suo look e il suo atteggiamento gli crearono un rapporto difficile con la nazionale di calcio. A soli 24 anni Gigi però morì. Il 15 ottobre di quel 1967 un'auto lo investì una domenica sera a Torino, in Corso Re Umberto al civico 46. Alla guida di quell'auto c'era un giovane tifoso del Toro innamorato di Gigi. Si chiamava Attilio Romero e nel 2000 sarebbe diventato addirittura presidente del Torino. I tifosi della Juve hanno esposto diverse volte nel corso dei derby della Mole un macabro striscione che recitava: "Attenzione, Romero è venuto in macchina".
Questa è un pezzo della mitica, leggendaria e affascinante storia del Torino Calcio, del mito del Toro e del cuore granata.


E in testa Capitan Valentino...


Solo il fato li vinse...

www.associazionepasolini.org

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