L'articolo è stato pubblicato su http://www.agoravox.it/Diego-grazie-lo-stesso.html
La volpe tedesca di rommeliana memoria ha fatto un sol boccone dell'allegra brigata argentina. Non è stata una guerra lampo, nonostante il gol immediato del vantaggio teutonico, ma una vittoria gustata con calma e pazienza. L'asado argentino è molto più saporito di un würstel tedesco e richiede tempi di cottura un pò più lunghi. Diego non ha sottovalutato l'avversario, ha forse sovrastimato la formazione che ha messo in campo. Sperava di danzare sull'armata tedesca alternando passi di tango al ritmo tutto cuore e sudore di una cumbia. E invece i tedeschi ingrugniti e agonisticamente cattivissimi hanno cavalcato come valchirie sui timidi argentini. A un altro allenatore ci verrebbe da dire: hai lasciato a casa Zanetti e Cambiasso, hai tenuto in panchina Milito, potevi far entrare Veron, hai insistito con un imbarazzante Demichelis e uno spaesato Otamendi (destinato comunque a una gran carriera da centrale difensivo, non da laterale). Ma a Diego no, certe cose non si possono dire. Lo sapevamo tutti che non era un allenatore come gli altri, nè un selezionatore in grado di guidare una nazionale con tutti i suoi giocatori sparpagliati in Europa. A Diego ci viene da dire lo stesso grazie. Grazie di cuore. Ci hai divertito, ci hai emozionato e ci hai fatto sognare. Ho sentito vibrare nell'aria che respira la mia generazione il bisogno di avere un mito in cui credere. E Diego è stato un'icona mediatica e carnale di facile consumo, un simbolo in cui proiettare bisogni di felicità per chi dalle generazioni precedenti ha ricevuto solo le briciole di un benessere in decadenza e di una gioventù carica di speranze ormai sepolte. Sapevamo che Dieguito poteva regalarci un sogno e abbiamo sognato. Ma non ci siamo illusi di cambiare il mondo vedendolo abbracciare e baciare i suoi giocatori. Abbiamo voluto credere in un sogno destinato a vivere un mese d'estate, come un vecchio amore adolescenziale destinato a sparire con il primo freddo di ottobre. Purtroppo il sogno si è chiuso con un pò di anticipo. De Andrè direbbe: "E' stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati". Faulkner rincarerebbe: "Tra il dolore e il nulla io scelgo il dolore". E per chi ha creduto in questo amore argentino, il dolore oggi ha il volto di Diego Armando Maradona con le mani incrociate sotto le ascelle. Tutto sommato, un sorriso è ancora a portata di mano.
La volpe tedesca di rommeliana memoria ha fatto un sol boccone dell'allegra brigata argentina. Non è stata una guerra lampo, nonostante il gol immediato del vantaggio teutonico, ma una vittoria gustata con calma e pazienza. L'asado argentino è molto più saporito di un würstel tedesco e richiede tempi di cottura un pò più lunghi. Diego non ha sottovalutato l'avversario, ha forse sovrastimato la formazione che ha messo in campo. Sperava di danzare sull'armata tedesca alternando passi di tango al ritmo tutto cuore e sudore di una cumbia. E invece i tedeschi ingrugniti e agonisticamente cattivissimi hanno cavalcato come valchirie sui timidi argentini. A un altro allenatore ci verrebbe da dire: hai lasciato a casa Zanetti e Cambiasso, hai tenuto in panchina Milito, potevi far entrare Veron, hai insistito con un imbarazzante Demichelis e uno spaesato Otamendi (destinato comunque a una gran carriera da centrale difensivo, non da laterale). Ma a Diego no, certe cose non si possono dire. Lo sapevamo tutti che non era un allenatore come gli altri, nè un selezionatore in grado di guidare una nazionale con tutti i suoi giocatori sparpagliati in Europa. A Diego ci viene da dire lo stesso grazie. Grazie di cuore. Ci hai divertito, ci hai emozionato e ci hai fatto sognare. Ho sentito vibrare nell'aria che respira la mia generazione il bisogno di avere un mito in cui credere. E Diego è stato un'icona mediatica e carnale di facile consumo, un simbolo in cui proiettare bisogni di felicità per chi dalle generazioni precedenti ha ricevuto solo le briciole di un benessere in decadenza e di una gioventù carica di speranze ormai sepolte. Sapevamo che Dieguito poteva regalarci un sogno e abbiamo sognato. Ma non ci siamo illusi di cambiare il mondo vedendolo abbracciare e baciare i suoi giocatori. Abbiamo voluto credere in un sogno destinato a vivere un mese d'estate, come un vecchio amore adolescenziale destinato a sparire con il primo freddo di ottobre. Purtroppo il sogno si è chiuso con un pò di anticipo. De Andrè direbbe: "E' stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati". Faulkner rincarerebbe: "Tra il dolore e il nulla io scelgo il dolore". E per chi ha creduto in questo amore argentino, il dolore oggi ha il volto di Diego Armando Maradona con le mani incrociate sotto le ascelle. Tutto sommato, un sorriso è ancora a portata di mano.
Hola Andrea. He pasado por aquí buscando información sobre Pier Paolo Pasolini... he podido leer algún artículo que has escrito aquí. Hace poco yo también escribí uno sobre su segunda novela "Una vita violenta". Te invito a mi blog y te doy la enhorabuena por el tuyo.
RispondiEliminaUn cordial saludo desde Sevilla, España