Passa ai contenuti principali

Fortapàsc. Cronache dal film

L'articolo è stato pubblicato sul blog Strozzateci tutti

Fortapàsc è un film di Marco Risi dedicato alla memoria di Giancarlo Siani, giornalista de Il mattino ucciso a soli 26 anni nel 1985. Giancarlo viene da Napoli e inizia a fare il corrispondente da Torre Annunziata, roccaforte del boss Valentino Gionta. Siamo nella Campania del post-terremoto. Nel novembre del 1980, la terra aveva tremato. Migliaia di morti da piangere avevano portato miliardi di lire da spartire fra i clan, politici e imprenditori corrotti.

Cronache dal film

Valentino Gionta lo hanno arrestato durante la comunione di suo figlio Pasqualino mentre l’orchestra suonava Pe’ sempe. Sembrava quasi di vedere un film di Alfonso Brescia con Mario Merola. Gionta va via con le manette ai polsi accompagnato dalle note di 'O bene mio. Dopo tre giorni di carcere, il boss torna a casa a bordo di una potente motocicletta. Lo scortano i valentini, i suoi uomini fidati, per far capire chi comanda in quel paesone stretto fra il mare e il Vesuvio. Lo dice anche Il Mattino, il giornale area DC più importante del Mezzogiorno che lui «ormai è il boss indiscusso della camorra a Torre Annunziata». L’articolo è firmato da Giancarlo Siani. Gionta è contento perché «tutt quante hanna sape’ chi è Valentino Gionta. E ‘o primo è Bardellino». Non scorre buon sangue fra il boss di Torre Annunziata e il boss casalese. Scelte strategiche diverse. In Campania sono entrambi federati al cartello criminale della Nuova Famiglia di Carmine Alfieri, ma in Sicilia no. Gionta è legato ai corleonesi. Bardellino a Tommaso Buscetta. In Sicilia c’è stata una sanguinosissima guerra di mafia fra i viddani e le famiglie palermitane. I nuovi equilibri di potere si riverberano anche ai piedi del Vesuvio.

Dopo la strage di Sant’Alessandro, costata la vita a otto valentini, nella Nuova Famiglia si cerca un nuovo assetto. E per Valentino è meglio stare un po’ sotto la protezione dei fratelli Nuvoletta nella masseria di Marano. «’Mmo pure il Verona vince lo scudetto! Amm’ accattato pure ‘a Maradona…», esclama infastidito Gionta in pantaloncini e canottiera. Sta guardando in Tv le immagini della festa del primo scudetto del Verona. Vuole consolare quella delusione con dei fusilli alla sorrentina, con pomodoro fresco e basilico. Ma mentre i grilli e le cicale cantano, i carabinieri gli puntano una pistola e scattano le manette. Gionta torna in carcere. Stavolta l’arresto è un evento eccezionale. Ma cosa era successo? Come avevano fatto i carabinieri a scovarlo in quel luogo sicuro e inviolabile?

Tocca a Giancarlo raccontare quell’arresto. Le sue dita fremono. A Napoli hanno bloccato le rotative in attesa del suo pezzo. «La cattura di Valentino Gionta potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con clan dei Bardellino» scrive Giancarlo in quell’articolo. «Ma c’ha scritto? Che ci siamo venduti a Valentino? Il nostro alleato?», commentano furiosi i Nuvoletta.

Giancarlo è approdato alla redazione di Napoli di Via Chiatamone ed è in arrivo un contratto. Adesso si occupa di sindacati e manifestazioni di disoccupati organizzati, ma nella sua testa ci sono sempre Torre Annunziata e gli intrecci politico-criminali del post-terremoto. Giancarlo ha raccolto informazioni preziose e vuole pubblicare un libro-dossier.

A Napoli quella sera c’è un concerto di Vasco Rossi. Anche Giancarlo vuole andarci con Daniela, la sua ragazza, ma i biglietti sono terminati. Gli tocca rimanere ancora un po’ in redazione dove riceve telefonate strane. E’ agitato Giancarlo. Vuole parlare con Amato Lamberti, il direttore dell’Osservatorio per la camorra. Lo vedrà nei giorni successivi. Ora andrà a casa con la sua Mehari. Una doccia e poi si vedrà con Daniela. Sul cassone di un Ape tre ruote che lo precede, è seduto un bambino dallo sguardo malinconico. I fari illuminano il suo viso. Giancarlo gli sorride e lo saluta. Quel gesto sembra restituirgli serenità. Giancarlo arriva sotto casa al Vomero. Spari nel buio e documenti che spariscono. Il resto è un mistero in parte svelato.

Commenti

Post popolari in questo blog

«E a Palermo che birra bevete?»

Palermo, ore 22 circa È sera, ma fa caldo come se fosse mezzogiorno. Siamo ad agosto. Alessandra è andata a dormire. È stanca. Oggi è stato un lungo giorno. Parecchie ore prima Dormiamo in un ostello nel cuore di Ballarò. Dalla stanza da letto si vede la cupola della chiesa del Carmine. Dalle macchine e dalle finestre la colonna sonora che attraversa la città è la musica napoletana neomelodica. Sui muri scorticati e degradati decine e decine di manifesti annunciano i concerti di Gianni Celeste, Mauro Nardi, del piccolo Patrizio, di Gianni Antonio, Gianni Nani, Marco Bologna, Gianni Vezzosi, Tony Colombo e altri ancora. Nino D’Angelo è stato qui a cantare a luglio per la festa di Santa Rosalia. La ragazza della reception ci dice che Nino è un mito a Palermo. Prendiamo la macchina. Oggi dobbiamo andare a Corleone e Portella della Ginestra. Sentivo la necessità vitale di vedere il paese di Liggio, Riina e Bagarella. Dovevo andare a vedere il luogo in cui erano stati uccisi qu...

«L'è lü!». E il mostro fu sbattuto in prima pagina...

Sei i protagonisti di una grottesca scena messa su dallo Stato italiano. E' il 16 dicembre del 1969 a Roma, in tribunale. Quattro poliziotti ben vestiti, pettinati e con la barba fatta; un ballerino anarchico, con la barba incolta, stravolto dopo una notte insonne per via di un interrogatorio e un tassista milanese. «L'è lü (E' lui)!», escalama il tassista Cornelio Rolandi. «Ma m'hai guardato bene?», ribatte l'anarchico Pietro Valpreda. «Bè, se non è lui, chi'l gh'è no», si convince il Rolandi. E così il mostro fu sbattuto in prima pagina. Il Rolandi si era presentato dai carabinieri di Milano la mattina del 15 dicembre, mentre si svolgevano i funerali di Piazza Fontana, convinto di aver trasportato sul suo taxi il responsabile della strage alla Banca dell'Agricoltura. La sua macchina era posteggiata a poco più di 100 metri dalla filiale. Un uomo con una valigetta aveva chiesto di portarlo nei pressi della Banca e di aspettarlo lì. Pochi minuti dopo era ...

“La piovra” in onda e la tv battezzò il racconto della mafia

Rai Uno, 11 marzo 1984, ore 20.30. Dopo il Tg, il primo canale della Radio televisione italiana presenta «un film in sei puntate». «Panorami siciliani profondi: un commissario venuto dal Nord indaga sulla morte di un collega, sulla figlia rapita, su una ragazza misteriosa e gattopardesca dedita alla droga, su fatti che non riesce a spiegare, su altri fatti che invece sa spiegarsi benissimo ma che non può provare». Così si legge sul Radiocorriere di quella settimana. Si tratta del primo episodio di uno sceneggiato che, ibridando generi differenti, conterà dieci edizioni. Il pubblico italiano, nell’anno del trentennale del piccolo schermo, guarda «una storia esemplare di mafia» che segnerà per sempre l’immaginario nazionale e internazionale sulla rappresentazione del grande crimine e della Sicilia. La trama di quella prima stagione l’hanno scritta Nicola Badalucco, trapanese, Lucio Battistrada e Massimo De Rita. La sceneggiatura è del premio Oscar Ennio De Concini. Le musiche di Riz Orto...