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El tranvía obrero

Era una nebbiosa mattina quella del 12 luglio del 1930. Il tram n. 105 della linea Lanús-Retiro (lo chiamavano el tranvía obrero, il tram operaio) trasportava liturgicamente decine di lavoratori dal Conurbano Sud verso Buenos Aires. Alla guida c’era Juan Vescio, un italiano di 31 anni. Alle 6.05 il tram avrebbe dovuto attraversare il ponte Bosch (ponte che unisce la città di Avellaneda con il quartiere di Barracas). In quel momento il ponte lasciava spazio al passaggio di una petroliera e le luci che segnalavano il pericolo erano accese. Il tram n.105 intanto continuava a correre verso la città. La fitta nebbia forse nascondeva nelle sue maglie i segnali di pericolo, ma il sistema frenante era difettoso (come stabilì l’inchiesta sulla tragedia). El tranvía obrero cadde nelle già inquinate acque del Riachuelo. Morirono 56 dei 60 passeggeri. «Sentii una senzazione simile a quella di un ascensore che scende rapidamente e mi trovai nell’acqua», raccontò Remigio Benadasi, un meccanico italiano sopravvissuto. La rivista porteña Caras y caretas dedicò alla tragedia un importante reportage, consegnando alla memoria collettiva argentina una delle più grandi sciagure della sua storia.

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