Traduco di mio pugno parte dell'analisi autorevole di Horacio Verbitsky oggi su
Página/12, quotidiano argentino. Francesco I viene definito con la parola
tedesca "ersatz", letteralmente un surrogato. Scrive Verbitsky:
"Sarà un successore di minor qualità, tipo una pietanza fatta
di sola acqua e farina che le madri povere danno ai loro figli per ingannare la
loro fame. (...) Sul
soglio pontificio non siederà un vero francescano ma un gesuita che si farà
chiamare Francesco, come il poverello di Assisi. Un’amica argentina, mi scrive
confusa da Berlino che per i tedeschi, che non conoscono la sua storia, il
nuovo Papa è un terzomondista. Piccola confusione. (…) La sua biografia è
quella di un populista conservatore, simile a quella di Pio XII e di Giovanni
Paolo II: inflessibili in questioni dottrinarie ma con un’apertura verso il
mondo, e in particolar modo, verso le masse diseredate. (…) Se Papa
Pacelli accettò i finanziamenti dalla Cia per sostenere la Democrazia Cristiana
e impedire la vittoria comunista nelle elezioni del dopoguerra e se Wojtyla fu
l’ariete che aprì il primo buco nel Muro di Berlino, il Papa argentino potrà svolgere
un pari ruolo nel contesto latinoamericano. I suoi trascorsi nella “Guardia di
Ferro”, il verbo populista che non ha dimenticato - e con cui potrebbe anche
far sue alcune questioni storiche come quella delle Isole Malvinas - lo mettono
in condizioni di dare una direzione a questo processo, così da apostrofare gli
sfruttatori e predicare mansuetudine agli sfruttati"
«Fútbol y Patria». «Peronistas, Populistas y Plebeyos». «Historia mínima del fútbol en América Latina». Questi sono solo tre titoli di una ricca produzione saggistica fatta di cronache politico-culturali e indagini sociologiche e letterarie. Chi vuole sapere di calcio e cultura popolare sudamericana deve passare per gli scritti di Pablo Alabarces e capirà qualcosa di cantanti mitologici come Palito Ortega, rock, tifoserie, sistema mediatico, violenza da stadio. Sociologo, argentino classe 1961, Alabarces è titolare di cattedra presso la UBA, l’Università di Buenos Aires. Lo incontriamo a Roma, zona Stazione Termini. Pablo è da poco rientrato nella capitale al termine di un bel soggiorno in una Napoli ebbra di festa per lo scudetto e dopo aver visitato Viggianello, borgo della Basilicata ai piedi del Pollino. «È la quinta volta che sono in Italia. Non ero mai stato nel paese dove nel 1882 nacque Antonio Carmelo Oliveto, mio nonno materno», ci racconta mentre ci incamminiamo verso Piazza
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