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Looking for Allende...


Quattro anni fa andai in cerca di Salvador e della democrazia perduta per le vie di Santiago. Era il luglio del 2009. Avrei voluto incontrare il regista Patricio Guzmán, autore della monumentale "Batalla de Chile", per chiacchierare con lui. Gli scrissi una mail che lui definì "larga y fundamentada". La cosa mi inorgoglì parecchio. Mi rispose che viveva a Parigi e che il Cile forse aveva riconquistato la democrazia ma aveva qualche problema con la memoria. Mi domando ancora oggi se sia possibile vivere nell'una privi dell'altra anche nel nostro Paese. Vidi il Palazzo de La Moneda solo dal di fuori. In quei giorni non era visitabile. Nella sede del Comune di Santiago mi ricevette un vecchio militante socialista e la sera andai a cena con lui e la moglie tedesca. Si erano conosciuti in Europa durante gli anni dell'esilio. Mi raccontò molte cose della politica di Allende, della dittatura, del ritorno della democrazia. Aveva un linguaggio politico forte, robusto e affascinante. Un linguaggio che non ho mai più avuto il privilegio di ascoltare dal vivo. Nelle sua voce le parole 'decmocracia' e 'libertad' vibravano con forza e intensità a me sconosciute. Non ricordo bene quello che mi disse. In me rimangono le sensazioni positive di chi mi parlava del passato come materia ardente, spingendomi a guardare verso il futuro. Complice, sicuramente, fu anche il periodo elettorale imminente. Al governo c'era Michelle Bachelet, la 'presidenta' socialista. Lo sfidante  che qualche mese dopo sarebbe andato al potere era Sebastián Piñera, il presidente del Colo-Colo (la squadra di calcio più prestigiosa del Paese), del canale Tv Chilevisión e con partecipazioni importanti nella compagnia aerea Lan. Mi disse di andare alla sede del Partito Socialista, nell'elegantissimo quartiere 'París-Londres'. Quando vi arrivai incontrai un signore che mi invitò a salire nel suo ufficio. Era (o era stato) un prete vicino alla teologia della liberazione. Tifosissimo del Colo Colo, confessò subito la sua vergogna per la Presidenza di Piñera. Parlava in maniera rapidissima e comica. Aveva il pizzetto da prete ed era bello rotondetto. Si avventurò in un discorso fiume sul rapporto fra calcio e politica in Cile. Non era facile seguirlo. Il succo del discorso che ricordo fu questo: fra Salas e Zamorano - due grandi attaccanti della recente storia calcistica cilena - la differenza era fondamentalmente questa. Zamorano aveva un'aria di uomo di sinistra, Salas di uno di destra. Ipse dixit. Mi chiese di Craxi e Berlinguer e ricordava che a pelle gli era stato sempre più simpatico il 'dolce Enrico' e non il 'cinghiale Bettino'. Infine voleva sapere della storia di Peppino Impastato, perché pochi giorni prima aveva visto "I cento passi" in televisione. Il giorno dopo, su suo invito, visitai la 'Fundación Víctor Jara'. Guardai e riguardai il poncho e la chitarra di quel poeta torturato e ucciso dai militari golpisti. Mi ritrovai poi al 'Cementerio General' di Santiago. Comprai qualche rosa. Ne portai una al mausoleo di Allende, un'altra alla voce del povero Víctor, altre le lasciai davanti alle lapidi dei 'detenidos desaparecidos' e degli 'ejecutados políticos'. Ne avrei portata una anche a Violetta Parra,  grande artista cilena suicidatasi nel 1967. Sua la bellissima canzone 'Gracias a la vida' cantata anche dalla nostra Gabriella Ferri. Ma non sapevo che lì si trovasse anche la sua tomba...   

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