L'articolo, scritto da Umberto Santino, è apparso su Repubblica - Edizione Palermo il 15 aprile 2014
Su queste pagine Augusto Cavadi , dopo aver raccontato “cosa succede a Berlino”: cittadini che non buttano cartacce per terra, pagano regolarmente il biglietto sull’autobus, rispettano le regole e altre stranezze inconcepibili per molti palermitani, descrive quelle che potremmo chiamare le “infrastrutture della memoria” che ricordano la storia del nazismo e dell’Olocausto e propone di fare qualcosa del genere a Palermo, richiamando un progetto del Centro Impastato. Il Centro da anni propone di creare un Memoriale-laboratorio della lotta alla mafia. Di recente Pif, fresco reduce dal successo del suo film, ha chiesto a Telecom Italia di realizzare un Museo dell’antimafia e la sua richiesta quasi certamente avrà un seguito (già ci sono offerte di spazi). Il problema non è il nome, che potrebbe essere quello proposto dal Centro o un altro (qualcuno ha proposto, più sinteticamente: No Mafia Museum), ma la qualità del progetto.
Un museo all’antica, con immagini di delitti mafiosi e di manifestazioni contro la mafia attaccate alle pareti, non credo che sia utile. Pensiamo a una struttura polivalente che sia insieme: percorso museale sulla mafia e sull’antimafia (l’abbiamo delineato nella cartella dal titolo “Mafia e antimafia ieri e oggi” e nel progetto di mostra “Fare memoria” che sposa i criteri della museologia moderna che privilegia l’interattività, come accade per esempio al Memoriale degli ebrei vittime del nazismo di Berlino che anch’io ho visitato qualche anno fa); itinerario didattico (utilizzando i materiali prodotti dalle scuole con cui operiamo da molti anni e con cui operano altre associazioni e fondazioni); biblioteca e archivio di documenti (verseremmo i materiali raccolti in 37 anni di attività); cineteca e videoteca (c’è un repertorio vastissimo che va adeguatamente decrittato e un libro, dal titolo Mediamafia, scritto da un giovane studioso, Andrea Meccia, e con l’introduzione di chi scrive, in corso di stampa preso l’editore Di Girolamo, aiuta a farlo); istituto di ricerca (in continuità con le nostre attività documentate in decine di pubblicazioni, e in collegamento con l’Università e altri istituti di ricerca a livello locale, nazionale e internazionale); luogo di incontro e di progettazione. In breve: uno spazio da vivere e non solo da visitare.
La proposta, presentata all’Amministrazione comunale e alla Regione (che nel 2010 ha costituito un comitato per la creazione di un Museo della memoria e della legalità, ben presto arenatosi), ha raccolto molteplici adesioni, da Francesco Renda, grande storico della Sicilia e delle lotte contadine dai Fasci siciliani al secondo dopoguerra, recentemente scomparso, alla Cgil, di fondazioni e associazioni, tra cui Addiopizzo, Libero Futuro, CRESM Belice/Epicentro, Salvare Palermo, Lega Ambiente (iniziative che si legano alla nostra “campagna della memoria” le stiamo conducendo con l’ANPI), e si è avvalsa della collaborazione e potrebbe contare sulla disponibilità di operatori culturali con una lunga esperienza sul terreno degli allestimenti di gallerie e di mostre. Per noi si potrebbe partire anche subito.
Abbiamo indicato anche spazi che potrebbero essere utilizzati: un capannone ai Cantieri culturali della Zisa o alla Fiera del Mediterraneo (al cui riuso ha mostrato interesse l’Associazione degli imprenditori), un palazzo nel centro storico, per esempio il palazzo delle Finanze, di recente abbandonato, che sorge nel luogo in cui erano le carceri della Vicaria, ma ce ne sono molti altri.
Abbiamo pensato anche a un bene confiscato alla mafia e c’era stato assegnato il villino in cui ha trascorso gli ultimi anni di latitanza Totò Riina; l’abbiamo visitato e, pur avendo presente il grande valore simbolico, abbiamo constatato che è inadeguato, troppo decentrato e di difficile accesso, e ci abbiamo rinunciato anche perché avremmo dovuto restaurarlo a nostre spese (il Centro non ha mezzi adeguati, poiché è totalmente autofinanziato).
Inoltre, con Salvare Palermo, abbiamo più volte proposto di attuare la proposta di Rosario La Duca di un Museo della città e le due proposte erano entrate nel programma presentato per la candidatura di Palermo capitale europea della cultura 2019, purtroppo non accolta. Gli amministratori, redigendo il programma, assicuravano che esso sarebbe stato realizzato, a prescindere dall’accettazione della candidatura. Hanno intenzione di mantenere quell’impegno?
Un museo all’antica, con immagini di delitti mafiosi e di manifestazioni contro la mafia attaccate alle pareti, non credo che sia utile. Pensiamo a una struttura polivalente che sia insieme: percorso museale sulla mafia e sull’antimafia (l’abbiamo delineato nella cartella dal titolo “Mafia e antimafia ieri e oggi” e nel progetto di mostra “Fare memoria” che sposa i criteri della museologia moderna che privilegia l’interattività, come accade per esempio al Memoriale degli ebrei vittime del nazismo di Berlino che anch’io ho visitato qualche anno fa); itinerario didattico (utilizzando i materiali prodotti dalle scuole con cui operiamo da molti anni e con cui operano altre associazioni e fondazioni); biblioteca e archivio di documenti (verseremmo i materiali raccolti in 37 anni di attività); cineteca e videoteca (c’è un repertorio vastissimo che va adeguatamente decrittato e un libro, dal titolo Mediamafia, scritto da un giovane studioso, Andrea Meccia, e con l’introduzione di chi scrive, in corso di stampa preso l’editore Di Girolamo, aiuta a farlo); istituto di ricerca (in continuità con le nostre attività documentate in decine di pubblicazioni, e in collegamento con l’Università e altri istituti di ricerca a livello locale, nazionale e internazionale); luogo di incontro e di progettazione. In breve: uno spazio da vivere e non solo da visitare.
La proposta, presentata all’Amministrazione comunale e alla Regione (che nel 2010 ha costituito un comitato per la creazione di un Museo della memoria e della legalità, ben presto arenatosi), ha raccolto molteplici adesioni, da Francesco Renda, grande storico della Sicilia e delle lotte contadine dai Fasci siciliani al secondo dopoguerra, recentemente scomparso, alla Cgil, di fondazioni e associazioni, tra cui Addiopizzo, Libero Futuro, CRESM Belice/Epicentro, Salvare Palermo, Lega Ambiente (iniziative che si legano alla nostra “campagna della memoria” le stiamo conducendo con l’ANPI), e si è avvalsa della collaborazione e potrebbe contare sulla disponibilità di operatori culturali con una lunga esperienza sul terreno degli allestimenti di gallerie e di mostre. Per noi si potrebbe partire anche subito.
Abbiamo indicato anche spazi che potrebbero essere utilizzati: un capannone ai Cantieri culturali della Zisa o alla Fiera del Mediterraneo (al cui riuso ha mostrato interesse l’Associazione degli imprenditori), un palazzo nel centro storico, per esempio il palazzo delle Finanze, di recente abbandonato, che sorge nel luogo in cui erano le carceri della Vicaria, ma ce ne sono molti altri.
Abbiamo pensato anche a un bene confiscato alla mafia e c’era stato assegnato il villino in cui ha trascorso gli ultimi anni di latitanza Totò Riina; l’abbiamo visitato e, pur avendo presente il grande valore simbolico, abbiamo constatato che è inadeguato, troppo decentrato e di difficile accesso, e ci abbiamo rinunciato anche perché avremmo dovuto restaurarlo a nostre spese (il Centro non ha mezzi adeguati, poiché è totalmente autofinanziato).
Inoltre, con Salvare Palermo, abbiamo più volte proposto di attuare la proposta di Rosario La Duca di un Museo della città e le due proposte erano entrate nel programma presentato per la candidatura di Palermo capitale europea della cultura 2019, purtroppo non accolta. Gli amministratori, redigendo il programma, assicuravano che esso sarebbe stato realizzato, a prescindere dall’accettazione della candidatura. Hanno intenzione di mantenere quell’impegno?
Commenti
Posta un commento