È giusto chiedere le dimissioni di Bruno Vespa. È giusto indignarsi per la
presenza di Riina junior nel salotto di Porta a Porta. È altrettanto giusto chiedere una
informazione diversa. Ma è molto più importante immaginare nuove forme di
racconto, narrazioni che al di là dei contenuti sappiano anche mettere in scena
se stesse, coniugando le une e trine esigenze del servizio pubblico: informare,
educare, intrattenere. E ci sono spazi del servizio pubblico che queste cose le sa fare (vedi Rai Storia). Perché la guerra dei contenuti a volte è una battaglia
senza senso. Basterà invitare in quello stesso spazio il figlio di una vittima
di mafia, un magistrato sotto scorta, un poliziotto coraggioso, il presidente
di una associazione antimafia per lavarsi la coscienza e dire che sulla Tv pubblica
c'è spazio per tutti. E invece no, il problema più grande della messa in scena
del giornalismo televisivo, è che siano spariti gli elementi scenografici e di
costruzione dello spazio che lo contraddistinguono (quella che Edward T. Hall
chiamava prossemica). Ma soprattutto basterebbe un elemento in più da mettere
addosso al giornalista: il suo taccuino. Oggetto che non tutti indossano.
Basterebbe tenerlo fra le mani con dignità e spirito di servizio, in modo da sottolineare ruolo e distanza, che in prima
serata potremo fare una tavola rotonda con Adolf Hitler e i gerarchi nazisti.
Sei i protagonisti di una grottesca scena messa su dallo Stato italiano. E' il 16 dicembre del 1969 a Roma, in tribunale. Quattro poliziotti ben vestiti, pettinati e con la barba fatta; un ballerino anarchico, con la barba incolta, stravolto dopo una notte insonne per via di un interrogatorio e un tassista milanese. «L'è lü (E' lui)!», escalama il tassista Cornelio Rolandi. «Ma m'hai guardato bene?», ribatte l'anarchico Pietro Valpreda. «Bè, se non è lui, chi'l gh'è no», si convince il Rolandi. E così il mostro fu sbattuto in prima pagina. Il Rolandi si era presentato dai carabinieri di Milano la mattina del 15 dicembre, mentre si svolgevano i funerali di Piazza Fontana, convinto di aver trasportato sul suo taxi il responsabile della strage alla Banca dell'Agricoltura. La sua macchina era posteggiata a poco più di 100 metri dalla filiale. Un uomo con una valigetta aveva chiesto di portarlo nei pressi della Banca e di aspettarlo lì. Pochi minuti dopo era ...
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