Pubblicata su Il Manifesto del 14 Luglio 2016. Qui la versione completa.
La parabola di due miti, Maradona e Messi, in un’intervista con il sociologo Pablo Alabarces dopo la disfatta dell’Argentina contro il Cile in Coppa America. «La Pulce non è carismatico, limita la sua prestazione al copione che lo spettacolo globale vuole, sceneggiatura prevedibile»
A voler essere
spiccioli, potremmo spiegarlo ricordando la mediocrità del giornalismo di oggi.
Ma ovviamente, non è questo l’unico motivo. Un esempio? Discutere di un addio è
meglio che ragionare su una sconfitta… Oppure, le conseguenze di questa
rinuncia sono, per il calcio argentino, peggiori di una finale persa. Terza
ipotesi, parlare della decisione di Messi aiuta a mettere in secondo piano il
dibattito sulla politica e su un’economia che non attraversa certo un periodo
florido. La cosa più probabile è che queste ragioni siano tutte valide e che
nessuna vada esclusa.
La
finale Argentina-Cile è coincisa con l’anniversario del successo di México ‘86, quello de “la mano de Dios” e del “gol del secolo”. Questa
concomitanza ci aiuta a capire cosa è successo nello spogliatoio argentino?
Ma certo… Messi non può
fare un passo che non diventi oggetto di confronto con le gesta di Maradona. E
non c’è dubbio che tutto questo è sbagliato. Ma è andata così, la povera Pulce ha sofferto “gli effetti
dell’anniversario”. Esattamente trent’anni dopo l’epopea che consacrò Maradona
come grande eroe nazionale, per Messi sono stati i giorni del “fracaso”, del
fallimento. Un fallimento che però non esiste.
Se
la storia non si ripete, figuriamoci i suoi protagonisti… Maradona appartiene
al mito, alla leggenda. Messi è ben piantato nel presente e ha un futuro ancora
da scrivere. Nonostante tutto, continuiamo a sovrapporre queste due icone che
appartengono alla storia del calcio. Secondo lei, questo confronto è possibile?
No,
questo confronto è inutile e senza senso. Ho ragionato molto su questa cosa nei
miei libri. Messi non può essere la “ripetizione” di Maradona. Eppure ciò che
la narrazione eroica dello sport argentino si aspetta da lui è proprio questa
replica: l’eroe plebeo nazional-popolare che conduce la patria alla vittoria.
Tutto ciò è impossibile. Le dico perché. C’è una spiegazione di classe. Messi
non è un plebeo e non può fingere di esserlo perché nella sua biografia non c’è
odore di fame e povertà. Ci sono ragioni storiche. Anche se Messi facesse una manita (cinque gol, ndr)
all’Inghilterra, non ci troveremmo mai all’indomani di una guerra fra i due
Paesi. Ragioni morali. Messi non è carismatico, limita la sua prestazione al
copione che lo spettacolo globale vuole, una sceneggiatura ampiamente
prevedibile. Messi quasi non parla e quando dice qualcosa, lo fa con il corpo,
con il gioco. Messi è muto, è un cane, come ha detto lo scrittore Hernán
Casciari. E i cani, non parlando, non possono diventare simboli nazionali.
![Risultati immagini per maradona messi](https://s.yimg.com/bt/api/res/1.2/MRyvE.f7jLN5h9.qZsghZQ--/YXBwaWQ9eW5ld3NfbGVnbztmaT1maWxsO2g9Mzc3O2lsPXBsYW5lO3B4b2ZmPTUwO3B5b2ZmPTA7cT03NTt3PTY3MA--/http://media.zenfs.com/en_GB/Sports/Eurosport/1004448-19219943-2560-1440.jpg)
Ma cosa c’è del
mito maradoniano nella parabola di Lionel Messi?
Messi
ha dalla sua solo eccezionali doti tecniche. Per questo, di calcio potremmo
parlare per ore, ma di mitologia patriottica un minuto sarebbe più che
sufficiente… Calcisticamente,
Messi è forse anche superiore a Maradona. La sua formazione, però, è ruotata
attorno al trattamento per la crescita che ha ricevuto nel Barcellona quando
era un adolescente. Tutto ciò lo ha sottratto inevitabilmente all’epica
tipicamente argentina del calciatore che muove i primi passi nel potrero (il pascolo per i cavalli) e
nella scuola calcio di periferia, consegnandolo alla logica della fabbrica
europea (la Masía, l’accademia giovanile del Barça), tutta tattica e
disciplina. Per questo a partire da Messi non si svilupperà mai una narrazione
sportiva dell’Argentina, intesa come nazione. Dico di più. Anche se Messi
vincesse una Coppa del Mondo facendo gol a raffica e da cineteca, rimarrà “un
buen chico”, un bravo ragazzo. Essere “un pibe”, come lo è stato Maradona, è
un’altra cosa…
E la politica dove la mettiamo?
Ci sono anche ragioni politiche, non possiamo
non considerarle. Messi si è affermato in un’epoca fortemente nazional-popolare
(il ciclo kirchnerista), ma è stato incapace di incarnare questa artificiosa
costruzione. Maradona, invece, è stato un eroe nazional-popolare proprio quando
i governi argentini degli anni ’80-’90 (Alfonsín, Menem) non facevano uso di
questa retorica.
Ci
aiuti a capire quest’ultimo aspetto. Sappiamo che Maradona è stato anche visto
come una versione post-moderna di Perón e Evita…
Maradona è stato un
simbolo peronista non a caso durante l’assenza del peronismo, fra il 1976 e il
1994, negli anni della persecuzione, della sconfitta o della sua trasformazione
in populismo conservatore. Messi, invece, appartiene all’epoca del peronismo
eccessivo, ostentato: l’epoca Kirchner. Pertanto, non può essere un simbolo
peronista. Sarebbe di troppo…
Se
Messi non parla, Maradona, invece, ha sempre dimostrato una grande capacità di
comunicazione, un rapporto speciale con i media, al punto che in Argentina è
nato il verbo “maradonear”. Cosa significa esattamente maradoneare?
Se non parli, non puoi
“maradonear”, perché “maradonear” vuol dire parlare, provocare, parlare a vuoto,
sfidare, fomentare.
Mauricio Macri è presidente dell’Argentina
dal dicembre 2015. Secondo lei, la questione Messi-Maradona sarebbe stata
differente sotto le presidenze Kirchner?
No.
Perché Messi non è un simbolo politico. Assolutamente.
Lasciamo da parte il calcio. La
presidenza Macri in cosa si è distinta da quella di Cristina Kirchner in questi
primi mesi di governo?
La
presidenza Macri è un grande passo indietro in senso conservatore, in termini
di redistribuzione del reddito, garanzie nel mondo del lavoro e diritti delle
classi popolari.
E dove proverà a dare i maggiori
segni di discontinuità?
Il
kirchnerismo era una grande sogno - una “fantasía” diciamo nella nostra
lingua - che ha saputo però mantenere alta l’occupazione e favorire i consumi.
Andiamo da un populismo vagamente progressista a un conservatorismo molto
reazionario. La presidenza Macri, inoltre, ha un enorme livello di complicità
con il peggio del calcio argentino.
Ovvero?
I settori più corrotti.
Macri è stato presidente del Boca Juniors e durante la sua gestione, alla
tifoseria organizzata (la barra) del
Boca nessuno ha torto un capello. Inoltre continua a fare affari in quello che
voi chiamate “calcio mercato” e ha nominato come segretario del settore di
intelligence e della sicurezza di Stato Gustavo Arribas. Nel curriculum di
Arribas spiccava soltanto una cosa: essersi occupato di
compravendita di calciatori.
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