Beneduce, storico del diritto presso l’Università di Cassino, in quest’opera compie un’analisi minuziosa e appassionata della vicenda letterario-giudiziaria di un libro comparso in Italia alla metà degli anni ’50: Diario di un giudice. L’autore, Dante Troisi era in quegli anni magistrato presso il Tribunale di Cassino. Diciotto pagine di quel libro furono chiamate in causa come articoli di un codice con l’accusa di compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario. Cosa accadde a quelle pagine incriminate? Campo estetico e immaginario di autorità si scambiarono colpi semantici in un gioco stupefacente di spostamenti e di mutazioni. E per entrambi, Troisi doveva restare un tormentato giudice di se stesso o un temerario giudice che scrive. Ma nelle sue pagine si dipanò l’autoinchiesta di entrambi questi sacri ordini: quello della letteratura e quello della giustizia. Beneduce, dopo aver ricostruito il contesto di quegli anni, un’Italia ancora scossa dalla guerra e sulla via del boom economico, crea un flusso affascinante di storie collegando con un robusto filo rosso gli atti a verbale di cui è intessuto il Diario, il giudizio di disciplina, le recensioni della critica letteraria, le interviste e i carteggi di cui Troisi è protagonista. Al centro della scena, troveremo due scandali: quello del giudicare e quello dello scrivere.
Alla figura di Dante Troisi e alla sua opera si interesserà anche la Rai, che nel 1978 realizzerà uno sceneggiato liberamente ispirato alle pagine del Diario.
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