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Bye bye antifascismo



Sono giorni tristi quelli che stiamo vivendo. Giorni che probabilmente ci ricorderemo e su cui verseremo lacrime amare. La dimensione comunicativa è divisa tra il Festival di Sanremo degli ascolti record e i gravissimi fatti di Macerata. Ed è nella cittadina marchigiana che in queste ore si sta giocando il futuro di questo Paese. È lì, dove persone dalla pelle ebano sono state oggetto del piombo fascista, che si farà la nuova Italia, oppure si morirà civilmente, per rinascere non so cosa. È nella piazza di sabato che capiremo quale sarà il destino finale della nostra Costituzione, nell'anno del suo 70esimo compleanno. 

Minuto dopo minuto ci rendiamo definitivamente conto che l'antifascismo non è più il collante che ci tiene insieme come cittadini, come corpo sociale, come comunità immaginata. Abbiamo capito che la Costituzione, nonostante il referendum del 4 dicembre 2016 (sul cui senso politico forse non si è abbastanza riflettuto), è stata sottoposta a una spoliazione valoriale e sostanziale (lavoro, guerra, scuola, economia, disuguaglianze) di cui l'antifascismo è il definitivo argine. Un riparo che in pochi vogliono difendere e rafforzare. E quando cederà, sarà il tempo di scrivere un nuovo patto sociale, in cui i valori che abbiamo conosciuto e in cui ci siamo rispecchiati non troveranno albergo. E il 25 aprile non dovrà più avere il colore rosso sul calendario. Ci resterà da festeggiare il 2 giugno con le parate militari ai Fori imperiali. E pensare che solo una settimana fa, Don Ciotti, nella tre giorni di Contromafie, ricordava ancora una volta al Paese che "la Costituzione è il primo testo antimafia". Parole che oggi hanno un sapore beffardo.

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