A proposito di quanto sta accadendo a Cassino
sull'installazione di una stele in memoria dei paracadutisti tedeschi, mi
sembra interessante rileggere quanto scritto dallo storico Giovanni De Luna ne
"Il corpo del nemico ucciso" (Einaudi, 2006). Le parole sono pietre,
scriveva Carlo Levi, ma anche una bussola. Servono a non perdere
l'orientamento. E a trovare nuove rotte.
«Oggi i luoghi di morte sono diventati luoghi di memoria. La
loro geografia ridisegna la mappa degli sbarchi (Gela, Salerno, Anzio), le
lunghe soste sul fronte della “Linea Gustav”, poi l’interminabile inverno sui
contrafforti della “linea gotica”, il dilagare delle armate angloamericane
nella pianura padana. Sessant’anni dopo in quei posti ci sono solo cimiteri. Ma
nessuno è un “campo santo”, un posto consacrato al dolore e al ricordo (…) (in
ogni cimitero una concezione diversa della morte come della politica, della
cultura, della storia). A Cassino quello dei soldati tedeschi si può visitare
seguendo un percorso che si avvita a spirale lungo i fianchi di una collina;
tra un camminamento e l’altro sono disposte lunghe file di lapidi, tutte
uguali, che riportano incisi il nome del soldato, la data di nascita e di morte
oppure, quando l’identità non sia nota, la scritta Ein deutscher soldat. In
cima si staglia una croce bronzea alta una decina di metri. Nella spianata
antistante la croce ci sono tombe collettive, chiuse da lapidi imponenti sulle
quali sono incisi i nomi dei soldati le cui spoglie sono sepolte sotto la
stessa pietra tombale. Un piccolo monumento all’ingresso del cimitero riporta
il numero dei sepolti: 20057 soldati. Anche nella morte si è voluto farne un
reggimento obbediente e sempre pronto a eseguire gli ordini impartiti».
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