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Quando era “L'ora” di raccontare la mafia


Un bambino in calzoncini e maglietta. La bocca che strepita per richiamare i passanti. Tra le mani un pugno di copie de L’Ora, quotidiano della sera con il tempo diventato un oggetto da collezione.

Questa fotografia, scattata da Mario Cattaneo nel 1952, è oggi la cover de L’alba dell’antimafia. Palermo, “L’Ora” e le prime inchieste sull’onorata società (Donzelli). Un lavoro prezioso realizzato dallo storico contemporaneista Ciro Dovizio dell’Università di Milano. Pagine che ci portano a un mondo dell’informazione diverso dall’attuale ma che allora, come oggi, per alimentarsi e crescere in modo florido, aveva bisogno di un punto di vista politico che desse spessore ai fatti, alle opinioni, alle inchieste. I giornalisti e gli intellettuali che collaborarono con L’Ora – tra loro Felice Chilanti, Giuliana Saladino, Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo – fecero tutto questo con uno sguardo capaci di rispondere, attraverso la forza di un giornalismo democratico, ad una crescente violenza mafiosa in quegli anni in stretta relazione con la politica (l’assalto dei corleonesi, il sacco di Palermo, la prima guerra di mafia).

Quel fermo-immagine dagli echi neorealisti ci permette dunque, con la prefazione di Salvatore Lupo, di iniziare un viaggio in un segmento decisivo della parabola di un giornale che segnò la storia di Palermo, della Sicilia, della fotografia (un nome per tutti, Letizia Battaglia), del giornalismo, della mafia e dell’antimafia. Il documentato lavoro di Dovizio si concentra tra il 1954 e il 1975 quando a guidare quel quotidiano di area Pci c’era Vittorio Nisticò, «intellettuale brillante e intransigente». La sua direzione portò i giornalisti de L’Ora a vincere nel 1973 il prestigioso “Premiolino” per un impegno collettivo «contro la mafia e contro la collusione tra le forze della criminalità e il sottogoverno». «Combattiamo da anni, come meglio possiamo, la mafia, il neofascismo e il malgoverno, ed essi hanno ricambiato e ricambiano secondo il proprio costume. I primi due con gli attentati e le minacce. Gli avversari politici con l’intimidazione dei processi giudiziari», raccontava lo stesso Nisticò.

Un universo giornalistico dunque che, visto da lontano, assomigliava più a una trincea con i suoi caduti (i cronisti Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato) che non ad un giornale e che Dovizio ha il merito – come scrive il professor Lupo – di farne una «ricostruzione storiografica a tutto tondo, molto documentata, partecipe sì ma anche critica».

*L'articolo è stato pubblicato su La Repubblica-Edizione Palermo il 5 gennaio 2025.

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