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Vittorio Pozzo e l’oro olimpico del 1936

15 agosto 1936. Olympiastadion di Berlino, capitale della Germania nazista. Sul prato verde, davanti a 90.000 spettatori, le nazionali olimpiche di Italia ed Austria si affrontano per la finale del torneo di calcio. In palio, c’è l’oro olimpico. Gli azzurri sono allenati da Vittorio Pozzo, il commissario tecnico che aveva guidato senza successo l’Italia alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912 e a quelle di Parigi del 1924 e che due anni prima, nel 1934, battendo a Roma la Cecoslovacchia per 2 a 1 (l’oriundo Orsi e il bolognese Schiavio i marcatori), aveva invece portato gli azzurri – stemma dei Savoia e fascio littorio sul petto – alla conquista del suo primo mondiale, la leggendaria Coppa Rimet. Stavolta, agli ordini dell’ex ufficiale alpino che aveva conosciuto il fango nelle trincee della Grande Guerra, c’è un gruppo di giovani universitari che non hanno mai giocato per la nazionale maggiore. Nella compagine azzurra, spiccano i nomi di tre calciatori che con Pozzo trionferanno ai mondi
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“La piovra” in onda e la tv battezzò il racconto della mafia

Rai Uno, 11 marzo 1984, ore 20.30. Dopo il Tg, il primo canale della Radio televisione italiana presenta «un film in sei puntate». «Panorami siciliani profondi: un commissario venuto dal Nord indaga sulla morte di un collega, sulla figlia rapita, su una ragazza misteriosa e gattopardesca dedita alla droga, su fatti che non riesce a spiegare, su altri fatti che invece sa spiegarsi benissimo ma che non può provare». Così si legge sul Radiocorriere di quella settimana. Si tratta del primo episodio di uno sceneggiato che, ibridando generi differenti, conterà dieci edizioni. Il pubblico italiano, nell’anno del trentennale del piccolo schermo, guarda «una storia esemplare di mafia» che segnerà per sempre l’immaginario nazionale e internazionale sulla rappresentazione del grande crimine e della Sicilia. La trama di quella prima stagione l’hanno scritta Nicola Badalucco, trapanese, Lucio Battistrada e Massimo De Rita. La sceneggiatura è del premio Oscar Ennio De Concini. Le musiche di Riz Orto

“La battaglia elettorale”, la recensione al volume “Schermi nemici”

Affermare che un libro di storia sia sempre un’opera di storia contemporanea non basta a spiegare l’attualità di un volume che sa guardare, con un approccio interdisciplinare, ad una particolare forma di produzione audiovisiva, il fu (?) cinema di propaganda. Parola fulcro, quest’ultima, che ci serve a capire il lavoro di Mariangela Palmieri, docente di Storia del cinema all’Università di Salerno le cui ricerche vertono sugli audiovisivi come fonte storica. Ma di che oggetto stiamo parlando, dunque, e quale la contemporaneità della sua analisi? Sotto la nostra lente vi sono le pagine di Schermi nemici. I film di propaganda della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano (1948-1964) uscito per Mimesis Edizioni con la prefazione di Pierre Sorlin (Collana «Passato prossimo», pp. 182, 17 Euro). Un’opera che guarda ad un’epoca cronologicamente lontana ma storicamente ancora densa di significati per il nostro presente. Almeno per due motivi. Il primo perché viviamo nella cosidde

Senna e Prost. Sfida infinita

Vittorie e sconfitte. Ostilità e alleanze. Amicizie e rivalità. Di questi ingredienti ama nutrirsi il racconto sportivo. Un genere narrativo che per entrare nell’immaginario collettivo ha bisogno però di un elemento che permetta agli ingredienti di fermentare e far giungere a perfetta lievitazione l’impasto di immagini e parole scelte, affinché la cronaca sappia andare al di là di sé stessa. Per farsi storia, epica, leggenda. Questo fattore determinante risponde al vocabolo «sfida» ed ha una serie di sinonimi su cui è interessante soffermarsi: minaccia, intimidazione, confronto, lotta, contesa, duello, provocazione. L’elenco ragionato di lemmi appena scorso è infatti il miglior strumento per affrontare la lettura e cogliere l’essenza di Senna e Prost La sfida infinita , l’ultimo libro di Umberto Zapelloni, pubblicato dalla casa editrice 66thand2nd nella collana «Vite inattese» (pp. 149, € 16,00). Perché quella che ricostruisce Zapelloni – già responsabile della redazione sportiva del C

Il “mileismo” e i fili sciolti della dittatura militare. Intervista con il sociologo Pablo Semán

«In queste ore, in Argentina, si registrano diversi stati d’animo. E, ovviamente, tanta incertezza. Da un lato, grande angoscia negli ambienti kirchneristi e peronisti per quello che potrebbe essere il nuovo governo. Dall’altro, speranza in Javier Milei e gioia per aver distrutto il kirchnerismo». A scattare questa fotografia, a pochi giorni dal risultato elettorale che ha visto il trionfo di Milei e del suo partito La Libertad Avanza (LLA), è Pablo Semán, sociologo e antropologo dell’Università di San Martín. In apertura di conversazione Semán sottolinea: «Tra chi è uscito battuto dalle urne, sembra esserci una specie di negazione o di illusione che il nuovo governo abbia vita breve. Il tutto appare un modo di negare a sé stessi la sconfitta. Credo poi che il sentimento della vittoria, il piacere di aver liquidato il kirchnerismo, non appartenga solo alla classe alta, così come la rabbia per la sconfitta non stia solo nelle classi popolari. Come queste sensazioni si relazionino però c

Masterclass Mediamafia, incontro con il drammaturgo Alessandro Gallo

“𝑄𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑎 𝑞𝑢𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑖 𝑎𝑛𝑛𝑖 ℎ𝑜 𝑠𝑐𝑜𝑝𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑖 𝑒𝑟𝑎 𝑚𝑖𝑜 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑙𝑒𝑔𝑔𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑢𝑛 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑎𝑙𝑒, ℎ𝑜 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑜𝑣𝑒𝑣𝑜 𝑓𝑎𝑟𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑠𝑐𝑒𝑙𝑡𝑎. 𝑂 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑜𝑙𝑖𝑛𝑒𝑎𝑟𝑒 𝑠𝑢𝑏𝑖𝑡𝑜 𝑙𝑎 𝑚𝑖𝑎 𝑎𝑝𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒𝑛𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑎𝑙 𝑠𝑢𝑜 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜, 𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑐𝑒 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑜𝑙𝑖𝑛𝑒𝑎𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑝𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒𝑛𝑒𝑣𝑜 𝑎 𝑚𝑖𝑎 𝑚𝑎𝑑𝑟𝑒, 𝑎 𝑢𝑛 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑝𝑢𝑙𝑖𝑡𝑜, 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑎𝑐𝑟𝑖𝑓𝑖𝑐𝑖. 𝑈𝑛’𝑒𝑟𝑒𝑑𝑖𝑡𝑎̀ 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑎, 𝑒𝑑 𝑒̀ 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑐ℎ𝑒 ℎ𝑜 𝑠𝑐𝑒𝑙𝑡𝑜”. Così Alessandro Gallo racconta di sé. Napoletano, classe 1986, Gallo oggi vive a Bologna dove ha fondato l'associazione e casa editrice Caracò e dove si occupa di educazione alla legalità e di progetti di teatro civile. La sua storia, le sue esperienze e il suo lavoro, frutto di un percorso di emancipazione e liberazione dalle logiche camorristiche in cui è nato e cresciuto, faranno da sfondo al nuovo e at

Remo Rapino, un undici fantastico e fantasioso

La storia del calcio è fatta anche di formazioni recitate tutte d’un fiato. Dal glorioso e drammatico incipit Bacigalupo-Ballarin-Maroso del Grande Torino al Zoff-Gentile-Cabrini – buono per la Juve di stampo trapattoniano e per l’Italia di Spagna ’82 – passando per il Sarti-Burgnich-Facchetti della Grande Inter del mago Herrera. Se, citando Eduardo Galeano oltre ad essere mendicanti di buon calcio, lo fossimo anche di letteratura ci sarebbe un nuovo undici da imparare a memoria. Un undici fantastico e fantasioso agli ordini dell’allenatore-partigiano Oliviero che fa così: Milo, Glauco, Osso Nilton, Treccani, Giuseppe, Wagner, Berto Dylan, Efrem Giresse, Pablo, Baffino, Nadir. Una squadra-romanzo piena del sapore della vita, che si confessa in prima persona. A immaginarla in Fubbàll (Minimum Fax, pp. 148, 16 euro) è stato Remo Rapino (1951), insegnante di storia e filosofia di stanza nell’abruzzese Lanciano e già premio Campiello 2020 con Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio .