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Lo sguardo di Giancarlo Siani. Un dialogo con Isaia Sales

In occasione del quarantennale dell’omicidio di Giancarlo Siani, per capire il contesto, le dinamiche sociali e criminali in cui Giancarlo si immergeva, abbiamo dialogato con lo storico Isaia Sales, tra i più importanti studiosi di camorra e crimine organizzato. Il 23 settembre del 1985 fa a Napoli veniva ucciso, a soli 26 anni, Giancarlo Siani, cronista abusivo de Il Mattino. In questi quarant’anni Siani è diventato il simbolo di un giornalismo, allo stesso tempo, precario, libero e coraggioso. A lui sono stati dedicati libri ( L’abusivo di Antonio Franchini, Scimmie di Alessandro Gallo, Un ragazzo normale di Lorenzo Marone), graphic novel ( Giancarlo Siani… e lui che mi sorride di Alessandro Di Virgilio ed Emilio Lecce), film ( E io ti seguo di Maurizio Fiume, Fortapàsc di Marco Risi).  Professor Sales, sono passati quarant’anni dall’omicidio di Giancarlo Siani. Cosa ricorda di quelle ore? Il fatto che si potesse ammazzare, a Napoli, un giovane cronista scatenò un sentimen...
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Raffaello Lucarelli, il Lumière di Sicilia

 PALERMO - Negli ultimi cinque anni della sua vita, Antonio La Torre Giordano – storico del cinema con una piacevole ossessione per la settima arte delle origini – si è dedicato al faticoso ed affascinante sogno di ricostruire la vita di un «avanguardista», un globe-trotter sedotto lungo i sentieri tracciati dai fratelli Lumière e Thomas Edison, capace di legare il suo destino di pioniere alla euforica Palermo della Belle Époque. In questa città affacciata sul Mediterraneo dove convergevano iniziative imprenditoriali, politiche e culturali in connessione con la «modernità internazionale», troverà collocazione Raffaello Lucarelli da Gualdo Tadino, città umbra dove vide la luce l’11 ottobre del 1879. Alla sua epopea visionaria, sincera, temeraria, dandy e un po’ naif, La Torre Giordano ha dunque dedicato Raffaello Lucarelli il Lumiére di Sicilia La vera storia del cineasta umbro (Lussografica, pp. 246). Un libro-dossier imponente ricco di immagini, documenti, manifesti, parole e colo...

Al Maradona, il ritorno degli scugnizzi

È la sera di venerdì 23 maggio 2025 quando allo Stadio Diego Armando Maradona di Napoli, nella curva B – quella raccontata da Nino D’Angelo a metà degli anni ’80 tra musica e film – appare una tela disegnata. Un drappo che si offre ad una schiera infinita di obiettivi che riverberano in tutto il mondo quell’immagine creata con l’intelligenza artificiale. Ancora qualche secondo e, dopo una lenta ed inesorabile dissolvenza di occhi e telecamere che sposta l’attenzione verso il centro del campo, l’attesa può avere fine. Il Napoli di Antonio Conte, emigrante salentino di ritorno al Sud, è finalmente pronto a scendere in campo contro il Cagliari in vista dell’ultima gara della stagione, decisiva per la vittoria del campionato. In quegli stessi istanti l’Inter, campione d’Italia in carica, tenta inutilmente di difendere il titolo della seconda stella nella manzoniana Como. I tifosi azzurri hanno deciso di accogliere così la squadra, con una narrazione visiva di sapore ottocentesco che vede a...

Marco Grossi, Giuseppe De Santis e un testo inedito del neorealismo

Dialogare con Marco Grossi, docente di storia del cinema (Accademia di Belle Arti di Frosinone), direttore artistico del «Fondi FilmFestival» e segretario dell’Associazione De Santis, vuol dire immergersi nel mondo di un regista, Giuseppe De Santis, che nella sua carriera ha realizzato undici film, tutti indimenticabili. Tra le opere che non videro la luce, un progetto Tv per la Rai: uno «sceneggiato sul neorealismo nel cinema» che avrebbe raccontato gli anni che separavano Ossessione (1943) da Rocco e i suoi fratelli (1960). Quella idea iniziale di cinquantadue cartelle è oggi contenuta nel volume La strada dei vent’anni – Per un racconto televisivo del neorealismo (Iuppiter, pp. 132). Grossi, ci racconta questa operazione editoriale da lei curata? Un anno fa, dopo aver visto su Rai 3 una puntata della docu-serie Illuminate dedicata a Suso Cecchi d’Amico, mi sono ricordato di quando, nel 1999, le telefonai per raccontarle i primi passi dell’associazione De Santis. Lei mi disse allora...

Giuseppe De Santis, Portella della Ginestra e un film mai fatto

Tra i diversi film non realizzati da Peppe De Santis, c’era un progetto sulla strage proletario-contadina di Portella della Ginestra. Quell’eccidio terroristico-mafioso datato Primo Maggio 1947 non poteva non colpire l’immaginazione di un uomo «cresciuto nell’alveo della società contadina», un «poeta del realismo sociale» (così lo definì Costa-Gavras), autore in pieno Neorealismo di una celebre Trilogia della terra ( Caccia Tragica , 1947; Riso Amaro , 1949; Non c’è pace tra gli ulivi , 1950). Eravamo nel bel mezzo degli anni ’50 quando il regista nato nel 1917 a Fondi, nella sua «Ciociaria della costa», aveva deciso di guardare al «cuore della tragica e gloriosa terra di Sicilia» del dopoguerra. Una stagione «di fame, di sete, di disperazione», in cui i «proprietari di mulini e grossisti di grano e di farina» erano «immischiati nella onorata società e talvolta capi della mafia» ed in cui «un giovane (…) di nome Salvatore Giuliano, faceva borsa nera». Era la Sicilia dei decreti Gullo ...

A lezione di storia con Stefano Bizzotto. Tra fútbol e geopolitica

Se nel simbolismo biblico, con il numero dodici si indicano l’insieme delle tribù di Israele e il gruppo degli apostoli di Gesù Cristo, nella tradizionale e più terrena iconografia del mondo del calcio, al numero dodici spettavano – difficile se non impossibile immaginare che competano completamente ancora, tra esigenze di marketing, questioni giudiziarie e cronaca nera – due cose. La prima . Incarnare la malinconia dell’eterno e fedele secondo portiere costretto ad accomodarsi in panchina in attesa che al titolare sventolassero un cartellino rosso o succedesse una disgrazia. La seconda . Assegnare ai gruppi di supporters più fedeli, variopinti e passionali il ruolo di dodicesimo calciatore in campo (vedasi, a titolo esemplificativo, l’indiavolata e spesso discussa tifoseria azul y oro del Boca Juniors, denominata appunto “La Doce”). Lo scrittore e giornalista Stefano Bizzotto – celebre telecronista Rai, veterano narratore di campionati del mondo, europei e olimpiadi tanto estive quan...

Roberta Torre, la lunga storia del gangster musical

«Ho visto Emilia Pérez e mi è piaciuto molto perché non è un musical classico. È un film con dei codici unici. Da un punto di vista tecnico, questa idea del recitare cantando l’ho trovata notevole. Il film ha questa dinamica in cui la recitazione diventa cantata con una forma particolare. Perché non è una melodia ma una sorta di dialogo musicale». A descriverci così il film francese di ambientazione messicana di Jacques Audiard (13 nominations agli Oscar 2025) è Roberta Torre, la cineasta che di gangster-musical ne sa qualcosa. Basti pensare al suo irriverente esordio cinematografico. Un musical in cui la violenza mafiosa fu lavorata a ritmo di rock and roll, rap, sonorità neomelodiche, sceneggiata e disco music. Si intitolava Tano da morire , premio «Settimana internazionale della critica» e Leone del futuro al Festival di Venezia del 1997. Cosa l’ha colpita di più della narco-opera di Audiard? Il balletto dei fucili e dei mitra che vengono presi, buttati e ripresi. È una coreografia...