«Ho visto Emilia Pérez e mi è piaciuto molto perché non è un musical classico. È un film con dei codici unici. Da un punto di vista tecnico, questa idea del recitare cantando l’ho trovata notevole. Il film ha questa dinamica in cui la recitazione diventa cantata con una forma particolare. Perché non è una melodia ma una sorta di dialogo musicale». A descriverci così il film francese di ambientazione messicana di Jacques Audiard (13 nominations agli Oscar 2025) è Roberta Torre, la cineasta che di gangster-musical ne sa qualcosa. Basti pensare al suo irriverente esordio cinematografico. Un musical in cui la violenza mafiosa fu lavorata a ritmo di rock and roll, rap, sonorità neomelodiche, sceneggiata e disco music. Si intitolava Tano da morire , premio «Settimana internazionale della critica» e Leone del futuro al Festival di Venezia del 1997. Cosa l’ha colpita di più della narco-opera di Audiard? Il balletto dei fucili e dei mitra che vengono presi, buttati e ripresi. È una coreografia...
Un bambino in calzoncini e maglietta. La bocca che strepita per richiamare i passanti. Tra le mani un pugno di copie de L’Ora, quotidiano della sera con il tempo diventato un oggetto da collezione. Questa fotografia, scattata da Mario Cattaneo nel 1952, è oggi la cover de L’alba dell’antimafia. Palermo, “L’Ora” e le prime inchieste sull’onorata società (Donzelli). Un lavoro prezioso realizzato dallo storico contemporaneista Ciro Dovizio dell’Università di Milano. Pagine che ci portano a un mondo dell’informazione diverso dall’attuale ma che allora, come oggi, per alimentarsi e crescere in modo florido, aveva bisogno di un punto di vista politico che desse spessore ai fatti, alle opinioni, alle inchieste. I giornalisti e gli intellettuali che collaborarono con L’Ora – tra loro Felice Chilanti, Giuliana Saladino, Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo – fecero tutto questo con uno sguardo capaci di rispondere, attraverso la forza di un giornalismo democratico, ad una crescente violenza maf...